Mizu no oto

Senza stare ad approfondire chi sia nato prima – l’uovo o la gallina – parlerò dell’uovo. La gallina è tronfia, petulante, eccessiva. L’uovo è umile, immediato, perfetto. Anche se fatto col culo.

Questo incipit, dichiaratamente stonato, introduce i tre movimenti di questo ‘scherzo’: la follia, poi l’amore ed infine il suono d’acqua che provoca la rana tuffandosi nell’antico stagno.

La follia

Ho sempre pensato che ci fosse una vena di sana follia nel mondo dei Netsuke. Probabilmente un po’ matti (simpaticamente paranoici) gli artigiani-artisti che li ideavano, intagliavano e firmavano (non sempre con il proprio nome). Probabilmente un po’ matti (decisamente feticisti) gli uomini che li commissionavano, si svenavano per acquistarli e poi orgogliosamente li esibivano. Probabilmente soavemente folli gli appassionati che oggi, in un mondo di volgarità, stupidaggine e violenza, studiano collezionano accarezzano questi universi in miniatura, microsintesi di un’intera civiltà, squarci di profonda saggezza ed istanti di assoluto, non necessariamente casto, piacere. Ecco perché non mi sono stupito più di tanto quando Roberto Gaggianesi mi ha proposto di scrivere sugli antecedenti cinesi dei Netsuke, detti “Chui-tzu” (zhuizhi) o Chinese toggles, tradotti con ‘contrappeso’ e a volte impropriamente citati come ‘karamono’ o ‘tobori’. Ho accolto questo invito semplicemente come un ulteriore segno di spensierata follia.

Evitando il già noto, cercherò perciò di evidenziare solo le differenze tra i Netsuke (sui quali ognuno che legge sa sicuramente più di me) e i Chui-tzu (sui quali ognuno che legge sa sicuramente più di me, ma non sa di saperlo).

Ogni collezionista di Netsuke dovrebbe possedere almeno un Chui-tzu.
Non perché un Chui-tzu sia più bello, più prezioso, più ‘artistico’ di un Netsuke. Ma per un motivo più semplice, più infantile forse. Un Chui-tzu può offrire la sensazione fresca, primaverile e (almeno per chi scrive) ormai troppo lontana nel tempo, del primo amore. Anche chi ormai di Netsuke sa tutto, ha letto tutto, possiede il meglio e non sogna più nulla, può ritornare giovane: può riscoprirsi felicemente disorientato, immerso nei palpiti dell’alberoniano innamoramento. Non sarebbe tradire la passione di una vita. Sarebbe anzi, Carolina Invernizio docet, ravvivarla di una nuova fiamma.

9 ragioni per un amore irragionevole.

- I Chui-tzu sono più antichi dei Netsuke. Ma c’è anche chi (Julia Hutt 2003) sostiene il contrario. Un po’ come la storia dell’uovo e la gallina. Appunto.

- I Chui-tzu sono meno estremi. Più umani. Non è necessario che tutto sia perfetto. Il realismo non si estenua in iper-realismo. L’umorismo non eccede nel grottesco. La ricerca della perfezione non arriva fino a teorizzare il suicidio rituale. ‘Chinatown’ fa già parte della nostra vita; ‘Japantown’ non è ancora nata e forse c’è un motivo.

- I Chui-tzu sono più coccolosi. Nascono per essere accarezzati. Rinunciano a molte bellurie e virtuosismi di intaglio per rimanere accarezzabili. Sono come un cagnolino: dipendono da noi. Non potresti mai abbandonarli, Vito, in una cassetta di sicurezza nella sala blindata di una banca. Se non vivono nella tua tasca, se non si patinano della tua pelle, soffrono.

- Un Chui-tzu è un prezioso rimedio di Pronto Soccorso. Il Cinese ha sempre saputo che il simbolo ha la stessa efficacia della cosa in sé. Il simbolo di una medicina guarisce quanto la medicina stessa. E non ha effetti collaterali. Molte piante e, per concentrazione, la loro radice che è sorgente ed origine dello spirito che abita in ogni pianta, hanno un ruolo fondamentale nella farmacopea dell’antica medicina cinese. Un Chui-tzu fatto di una radice medicinale in caso di emergenza si può rapidamente triturare o ridurre in cenere ed assumere in qualsia- Baccello di loto con sei semi mobili, avorio marino, altezza mm 35. Secolo XVII. Collezione La Galliavola. 7 si momento e in qualsiasi situazione. Poi arriverà il 118, ma intanto…

- I Chui-tzu sono elegantemente poverissimi. E’ come confrontare il ruvido saio di Francesco d’Assisi con i damaschi e i broccati e lo sfarzo un po’ lugubre (se pensi quanto è costato e soprattutto a chi è costato) dei prelati romani.

- I Chui-tzu ti intrigano, ti sfidano, giocano con te. Quasi sempre un Chui-tzu è molto più di quello che appare: è un rebus, un indovinello, un polisenso, una crittografia. E’ un segreto che solo voi due, tu e lui, conoscete e che vi isola dal resto del mondo. Un segreto che può anche essere piacevole condividere, se l’amore lo richiede, ma che difficilmente farà gola ad un ladro o ad un impaziente erede.

- I Chui-tzu sono molto più rari sul mercato e nelle aste, molto più difficili da trovare. Quindi scoprirne uno è molto più emozionante.

- I Chui-tzu sono molto più economici. Non escludono nessun corteggiatore. Con i Chui-tzu non diventerai mai ricco, non diventerai mai povero, diventerai quasi sicuramente migliore.

- Un Chui-tzu quasi mai è firmato. Perciò è difficilmente databile. Spesso è di materiale povero, di rapida e rozza fattura. Non ha nella sua storia provenienza da collezioni famose né riferimenti bibliografici di prestigio. Non c’è nulla – né il nome dell’artista che lo ha intagliato, né il nome del personaggio che lo ha indossato, né l’autorità dell’esperto che lo ha pubblicato in testi fondamentali, né il carisma e la fama adamantina dell’antiquario che te lo propone – non c’è nulla e nessuno a dirti se e quanto vale. Con la dignità e la fierezza di chi non deve dimostrare nulla a nessuno, ogni Chui-tzu si affida solamente a te. Sei tu che decidi. Da solo. Sei tu con la tua sensibilità, il tuo occhio, il tuo intuito… sei tu a decidere se amerai – se già ami – questo oggetto che vedi per la prima volta e che porterai forse con te, accarezzandolo, per sempre. Con un Chui-tzu il tuo è un rapporto d’amore assolutamente libero da ogni considerazione razionale o, peggio ancora, economica. E’, come deve essere, amore irrazionale e totale.

Come e dove vedere e studiare i Chui-tzu

I Chui-tzu vantano molto meno fonti bibliografiche e collezioni pubbliche e private dei Netsuke. Questo non è l’ultimo dei motivi del loro fascino. Offrono a ciascuno di noi, all’alba del terzo millennio e senza limiti di censo o di età, l’emozione di avventurarsi in un territorio inesplorato e di fare, forse, straordinarie scoperte. Poche, e a me ignote, le fonti cinesi. Mancano riferimenti bibliografici (citazioni in testi), riferimenti artistici (riproduzioni in dipinti o sculture), riferimenti archeologici (ritrovamenti in scavi documentati). Non sono mai stati oggetti degni di studio: ciondoli realizzati spesso da dilettanti, per uso personale o per donarli a un amico, a volte per risolvere l’universale problema di fare un dono di nozze che costi poco, ma significhi molto. E’ il pensiero che conta, qui più che mai. Senza un allettante valore di mercato, destinati a persone dei ceti più umili o a extracomunitari d’antan, ancora oggi i Chui-tzu vivono in una malinconica, ma raffinatissima e veramente ‘exclusive’ zona d’ombra.

Le uniche fonti bibliografiche che ho trovato sono:

- Il volume “Substance and Symbol in Chinese toggles”, di SHUYLER CAMMANN, 1962, dedicato alla collezione C.F. Bieber. Il testo di 256 pagine è approfondito, documentato soprattutto su materiali e simbologia, ma limitato (una sola collezione privata, raccolta in Cina, fine anni ’20 inizio anni ’30 del secolo scorso) e datato.

- L’articolo scritto da una studiosa americana, Margaret Duda – pubblicato col titolo “Chinese Toggles as Counterweights and Charms” su “Arts of Asia”
nel numero di Settembre-Ottobre 2004. In nove pagine l’articolo propone 15 stupende fotografie
di Paul Duda,  figlio di Margaret e fotografo professionista, e mostra 38 diversi ‘Guajian’.
Questo articolo è un fondamentale testo di riferimento e rappresenta anche l’introduzione ad un attesissimo studio monografico sull’argomento.
Il volume, ormai completato, dovrebbe essere pubblicato a breve e comprenderà oltre 1.500 fotografie. Margaret Duda ha dedicato molti anni a studiare in Cina questi oggetti ed è oggi incontestabilmente una delle autorità nel campo degli affascinanti e praticamente sconosciuti precursori cinesi dei netsuke giapponesi.

- Il sito www.lasieexotique.com/mag_toggles/ Chinese Toggles, di HEDDA e ALISTAIR MORRISON, in “Arts of Asia”, March-April 1986. In sinergia, vedi anche: www.lasieexotique.com/toggles.html. Nulla di inedito, molte belle foto. I due Morrison propongono un altro nome per i Chui-tzu: “Guajian”.

- L’articolo di BEPPE BERNA “Una scimmia per bottone”, pubblicato su “Tribal Art” nel 2000 e scaricabile in Rete. Sei pagine, 23 belle foto a colori, concentrato esclusivamente sul tema della scimmia, in quanto Beppe promuoveva appunto una piccola collezione di Chui-tzu di quel soggetto. Interessante il riferimento a possibili antecedenti di stilemi artistici indiani, in particolare tibetani. Anche per Cammann infatti, simili contrappesi erano già usati in Tibet e Mongolia e probabilmente arrivarono nella Cina nord-occidentale insieme ad altre influenze straniere, durante la dinastia Yuan o Mongola (1276-1368), se non prima.

- Alcune notizie ricavate dal catalogo della Mostra sapientemente proposta a Milano da Francesco Morena nel 2008/2009 al Museo Poldi Pezzoli
“Netsuke.Sculture in palmo di mano”, in particolare nelle pagine di Lucia Caterina, che però sostanzialmente attinge e riassume dal testo di Cammann.

- Una straordinaria scoperta, di cui rivendico totale ed eterno merito (essendo, come sempre accade, dovuta al caso) e che rappresenta forse il mio dono più utile ai lettori di questo bollettino. Il sito www.powerhousemuseum.com in cui, sia pure laboriosamente (apri..ritorna..riapri..riritorna..) si possono studiare circa 280 Chui-tzu raccolti a Pechino negli anni 1940-42 con foto a colori. Senza alcun dubbio è questa la fonte più ricca di immagini, sia come iconografia che come materiali, fino ad oggi reperita.

Come collezioni di Chui-tzu a me risultano:
- la collezione di C.F. Bieber presso il Field Museum di Chicago, USA
- la collezione presso il Brooklyn Museum a New York, USA
- la collezione creata da George N. Kates alla Columbia University, New York USA
- la collezione di Mrs. William Gleysteen in Jenkintown, Pennsylvania, USA
- la collezione del Powerhouse Museum di Sydney, Australia.
Probabilmente ce ne saranno anche ad Hong Kong e in Cina. In sintesi: solo musei non proprio sottocasa ed un unico testo monografico di 47 anni fa. Sono sicuro però che altre collezioni, pubbliche e private, di Chui-tzu attendono solo di essere rese note e che in ciascuno delle centinaia di libri sui Netsuke si trovano pagine, forse capitoli, dedicati ai loro precursori cinesi. Penso addirittura che in molte collezioni di Netsuke si trovino in incognito, e magari anche un po’ snobbati perchè naïf e non firmati, dei Chui-tzu.

Perciò ai Lettori di questo testo devo una confessione e chiedo un favore.
La confessione: ho cercato di suscitare interesse, creare curiosità, provocare reazioni, rischiando serenamente – se serve – di attirarmi critiche feroci. L’importante è aprire il discorso, iniziare un dialogo.
Il favore: ricevere da tutti voi notizie più documentate e giudizi più profondi sul tema affascinante dei “parenti poveri” degli straordinari Netsuke.
Per farlo ho gettato un sasso nello stagno. Ho creato un suono d’acqua: il “Mizu no oto” del mio titolo e dell’haiku di Basho.
Adesso spero in un eco. Un altro suono d’acqua. Fosse pure uno sciacquone.

6 Responses to “Mizu no oto”

  1. Patricia Bjaaland Welch says:

    Patricia Bjaaland Welch says:
    July 6, 2010 at 12:57 am

    An excellent bibliography and recommended reading list for anyone interested in chuizi (I prefer the modern Pinyin spelling
    to the Wade-Giles although when you do research the Wade-Giles western spelling will result in more findings
    since Pinyin has only been around the last 50 years).
    And I agree with your charming list of reasons to collect chuizi; they are generally simpler and more tactile than many netsuke.

  2. Tim Mertel says:

    Dear Franco Bellino,

    I have read your presentation on the toggles. I enjoyed it. A passionate collector you are !

    As with all articles, it is geared for a particular audience. Perhaps I get the feeling this is for the upcoming Netsuke convention
    in New York? In any case it appears you have written the article or outline for a presentation to Netsuke collectors.
    And to sum it all up… I agree with you.

    There are a couple of comments I would like to make….since you asked.

    Love 2) “Japantowns” do exist in the US anyway.
    The one in LA comes readily to mind as well as the one that is fairly large in San Francisco.

    Love 9) Many small jades often identified as pendants were actually toggles. Thus as you know jade is not considered a poor material, either is ivory, agate, jet, coral, rock crystal, etc. The majority of the toggles are wood, some even precious woods. I tend to think of toggles like Chinese snuff bottles, there are a great variety of materials used in creating these little gems for personal function and enjoyment.

    How, paragraph 2) Toggles are very well known amongst antique collectors in China. In most major antique markets in the big cities
    you can scout for toggles, but buyer beware there are many fake toggles in the Chinese market place. Your point about patina is key.

    How, 2) Thank you very much.

    How, 5) Margaret Duda in the U.S. is currently working on quite a major book on Chinese Toggles.
    It was due to be released a year ago and I am not quite sure of what the status of it is.

    - Also to add to your list of collections,
    Glenn Vessa of Hong Kong has quite a large collection, collected over the past 50 years.
    Also I have had quite a few toggles over the years and there are many more collectors of this art form then you would imagine.
    Certainly not to the scale of Netsuke, but like you I am sure they will become more appreciated over time

    In any case these are the thoughts that came to mind in reading your article.

    In regards to the toggles that I have, they can be seen at this link: http://www.lasieexotique.com/toggles.html
    All of the toggles pictured with prices are currently available for purchase. All items are here with me in London.

    Thanks again for sharing your passion of toggle collecting with me.
    I enjoyed learning of your viewpoint. I look forward to hearing from you again.

    Sincerely,
    Tim Mertel

  3. Daniel Tretiak says:

    Franco, I did not read “Mizu no oto” fully when I received it.
    I have but one eye and it was not well.
    I could not read all of this then and still have had to take it slowly.
    But it is a wonderful piece of writing.
    No one I know could have done as well, including me.
    So let me encourage you to get it copyrighted immediately.
    I do not know if you can do that easily in Italy.
    I know you can in the US.
    I want to circulate it, but not before you copyright it.
    When did you live in Beijing and what did you do here ?
    “classy poverty” = the road is very narrow for toggles. Meaning = no one will want them. = They are “just folk art “. Low art.
    You should know: another word for them you may or may not know is xiao wan ya-er == “playthings”;
    the word we use most of the time in Beijing when I am buying.
    I still buy.
    Dan

    Chi scrive questo messaggio è forse il più grande mercante occidentale che vive a Pechino.
    Ha talmente apprezzato il mio pezzo che vuole diffonderlo e mi chiede “quando e perchè ho vissuto a Pechino ?”.
    Beh, sono soddisfazioni che non capitano tutti i giorni !
    E gran parte del merito é della traduzione di Linda Fox.
    Franco

  4. Kim Min-Jung says:

    Dear Franco,
    I was away for research trip in China and just returned and found your post.
    Many thanks for doing the English version of your Italian essay.
    I was born in Korea and English is my second language as well.

    For the content of what you wrote, I totally agree with you
    and fully understand why you feel about Chui-tzu that way.
    I prefer to call “zhuizi” though as it is mandarin while “chuitzu” is Cantonese.

    I know that there has not been much research on zhuizi
    and I hope you could contribute your research on this subject.

    Best regards,
    Min-Jung Kim

  5. Only today, April 20, 2014, I discovered these comments published on the prestigious “International Netsuke Forum”
    a few months ago, August 21, 2013.
    Truly a wonderful suprise in my Easter Egg.
    I am really too proud not to publish them here, knowing who wrote them :

    “Franco Bellino article was very entertaining. And these toggles may be a better bet
    for those who continue to waste money on bad modern netsuke : “Chui-tzu are cheaper than Netsuke.
    They don’t cut out any admirer. You’ll never become rich with Chui-tzu, you’ll never become poor, but you’ll almost certainly become better.”

    And later another scholar writes : “… these toggles may be a better bet for those who continue to waste money on bad modern netsuke” of course.
    But Franco Bellino also said in his article : “Chui-tzu are much rarer on the market and in auctions, much more difficult to find.
    So finding one is truly thrilling. “ ☺

  6. Nel testo dell’articolo qui sopra ho citato, ma senza riprodurlo, il celeberrino haiku di Basho.
    Propongo adesso qui la mia personalissima traduzione :
    La traduzione corretta sarebbe :

    antico stagno
    la rana salta
    suono d’acqua

    Leggo però una traduzione inglese :

    old pond
    frog leaping
    splash !

    “splash !” è proprio il suono d’acqua. E qualcuno scrive :
    “oto è un suono senza caratteristiche particolari : esiste puramente riferito all’acqua, è suo proprio dell’acqua”

    Allora la mia traduzione è ‘antico’ anziché ‘vecchio’ per lo stagno,
    per renderlo anche visivamente e come suono più prezioso.
    ‘La’ rana, anziché ‘una rana’ per renderla protagonista
    e ‘splash !’ per far vedere-e-udire il suono che il salto della rana produce,
    anziché limitarmi a descriverlo. E in corsivo per renderlo più dinamico.
    Quindi :

    antico stagno
    la rana salta
    splash !

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