Il momento più bello della mia vita.

Dovrei dire : quando è nato mio figlio. Ma non ho figli.
Dovrei dire, come suggerisce Woody Allen, quando il medico mi ha detto : “E’ benigno”. Ma non era benigno.
Dovrei dire la prima volta che ho fatto l’amore con Giovanna.
Ma fare l’amore con Giovanna ancora oggi è più bello ogni volta.
Dirò perciò gli ultimi 5 secondi di Terza A contro Terza E.

spogliatoio

Era la finale del campionato studentesco del Berchet. 1957.

A fine campionato due squadre a pari punti. Chi vince, vince tutto.

Ultimi secondi : noi, la Terza E siamo sotto di un punto.
E la palla ce l’hanno loro.
Ma la perdono in fallo laterale.

Adesso mancano solo 5 secondi . . . . .

Non facciamo il time-out per decidere cosa fare in quei 5 secondi.

Non lo sapremmo comunque. Siamo tutti fuori di testa.

E disperati.

La palla la danno a me a metà campo.

C’è solo una cosa da fare : entrare, andare a canestro

e sperare o di segnare o di prendere i tiri liberi.

Invece faccio un palleggio .. mi alzo in sospensione …… e tiro.

tiro libero

 

Nessuno si aspetta una simile follia, nessuno mi ostacola,
faccio semplicemente – senza pensarci e senza preoccuparmi –

quello che ho fatto centinaia di volte in allenamento.

E perciò tranquillamente segno.

Canestro. Partita. Campionato. Scudetto.

Trionfo.

 

Ecco le prove :

dettaglio Zola

amoroso

 

Allora non erano ancora stati inventati i cellulari,
non c’erano televisioni locali e quasi nessuno
andava alla partita con una macchina fotografica.

Infatti fino a ieri pensavo che non esistesse nessuna foto di quel momento magico.

Ma evidentemente una macchina fotografica c’era.

Proprio ieri, rovistando tra i cartoni ancora chiusi da un trasloco del secolo scorso, saltano fuori queste fotografie :

 

prima di entrata

in entrata 1Franco a canestro 1in trionfo

 

Ecco quello è stato, ad oggi, il momento più bello della mia vita.

Però so, sono sicuro che un momento più bello deve ancora venire.

 

Lo ha scritto proprio per me dal carcere

pochi anni prima del 1957 Nazim Hikmet,

uno dei più grandi poeti del secolo scorso :

 

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.

 

9 Responses to “Il momento più bello della mia vita.”

  1. Franco Bellino says:

    Una precisazione tecnico-filologica, o meglio cestistico-psicologica.

    Il cronista del ritaglio pubblicato qui sopra a destra mi elogia per “l’invidiabile calma e precisione”.
    Mi piacerebbe poter credere che fu veramente così.
    Mi piacerebbe potermi attribuire la serena consapevolezza dei miei mezzi
    e la virile assunzione di responsabilità per un compito di sovrumana difficoltà
    a nome di tutta la mia squadra e delle centinaia di appassionati.

    Ma non fu così.

    Se in quei 5 secondi io avessi anche solo per un istante pensato cosa significava quel tiro,
    il pallone sarebbe diventato pesantissimo e mi sarebbe ridicolmente caduto di mano.

    L’invidiabile calma del generoso cronista era semplicemente assoluta incoscienza.
    La verità è quella che ho confessato qui sopra :
    “Faccio semplicemente – senza pensarci e senza preoccuparmi – quello che ho fatto centinaia di volte in allenamento.
    E perciò tranquillamente segno”.

    E’ proprio l’assoluta incoscienza, l’abbandonarsi all’istinto,
    il rimuovere qualsiasi razionalità quando la razionalità non può indicarci nessuna razionale soluzione,
    che in situazioni di assoluta emergenza può portarci al successo.
    O quantomeno può salvarci la pelle.

    Perchè l’alternativa al trionfo, erano mazzate :-)

  2. Franco Bellino says:

    Fa sempre molto trendy rafforzare le proprie affermazioni con una raffica di citazioni.
    Anni fa le si cercava faticosamente sfogliando i classici nella biblioteca di casa o le apposite raccolte e compilation.
    Oggi Wiki fornisce profonde e brillanti citazioni al colto e all’inclita.

    A conferma di quanto scritto sull’istinto cestistico del sottoscritto nel commento qui sopra,
    ecco perciò alcune voci di saggi e meno saggi :

    Di solito l’istinto ti dice quel che devi fare molto prima di quanto occorra alla tua mente per capirlo.
    (Edmund Burke)

    Di regola, le grandi decisioni della vita umana hanno a che fare più con gli istinti e altri misteriosi fattori inconsci
    che con la volontà cosciente, le buone intenzioni, la ragionevolezza.
    (Carl Gustav Jung)

    Perché tutte le decisioni che prendi, tutte le scelte che fai sono determinate, si crede, dal libero arbitrio,
    ma anche questa è una balla.
    Sono determinate da qualcosa dentro di te che è innanzitutto il tuo istinto
    e poi da qualcosa che gli indiani chiamano il karma accumulato fino ad allora.
    (Tiziano Terzani)

    Un leader o un uomo d’azione in caso di crisi agisce quasi sempre inconsciamente
    e solo dopo pensa delle ragioni del suo gesto.
    (Jawaharlal Nehru)

    .. per concludere mi elevo (tiro in sospensione/jump shot) alla cultura davvero alta ed esoterica :
    cedo la parola al Perozzi che descrive un colpo di genio del Necchi durante una zingarata :

    “Che cos’è il genio ? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione”.

    Appunto.

  3. Alberto says:

    Ciao Franco,
    sono fantastiche le “foto d’epoca” che vi ritraggono con tenute sportive veramente da amatori.
    Mentre una volta non mi sarebbe mai passato per la testa, adesso penso al povero Zappettini che ha perduto la palla …………
    la tua più bella giornata deve coincidere con la sua più brutta!
    Chissà se la Sua vita è stata segnata da questo errore, gli ha creato dei problemi o, come spero, è stata una delle sconfitte della vita.
    Ti capisco, come sportivo il sapore della vittoria è il sale della vita, l’ ambrosia divina, che anche il mortale può assaggiare.
    Adesso quando seguo le partite molto spesso osservo più i perdenti dei vincitori, i loro visi segnati dalla fatica e dalla sconfitta,
    espressioni molto intense che provengono dall’ interno, al contrario della gioia che è superficiale.
    È buffo, anche io, nonostante l’altezza, giocavo a pallacanestro ed ho sempre perso le finali,
    ma mai in modo così rocambolesco : perdevi, bevevi una coca cola od una fanta, e tutto era finito.
    Sono molto felice che il tuo animo è ancora così luminoso e puro ed anche l’esposizione del racconto è molto bella,
    come l’intuito-incoscienza che ti ha guidato verso la gloria.
    Grazie per avermi fatto rivivere tutte le sfide scolastiche ed avermi riportato con la mente
    forse alla parte più spensierata della mia vita, quando avere i soldi per un gelato o cose simili ti faceva felice.
    Infine, da vero pilone, complimenti per il tuo tiro vincente che fortunatamente ti ha seguito nelle scelte della vita,
    rendendoti quella stupenda persona che sei.
    Un abbraccio stritolante
    Il pilone Alberto

  4. Vito says:

    Bellissimo racconto! Mi ricordo che ai tempi di Firenze avevamo un amico gigantesco nero americano che si chiamava Wanzan
    ed era stato l’allenatore di una squadra di basket famosa. E mi pare anche in Italia.
    Leggendo di una sua partita vinta allo stesso modo, mentre io leggevo, lui aveva le lacrime agli occhi.
    (Mi son letto gli altri testi con lo stesso gusto : sei bravissimo e salutami Giovanna). Vito

  5. Franco Bellino says:

    Caro Vito, il mitico Elliott Van Zandt è stato mio allenatore per due anni al CUS Milano.
    Un anno mi ‘regalò’ (“regalò” perché non la meritavo) la medaglio di MVP, miglior giocatore della squadra juniores.
    La medaglia ce l’ho ancora.

    “Medaglio” è ovviamente “medaglia”. L’emozione gioca brutti tiri. Ma Van Zandt non mi perdonava nemmeno i buoni tiri
    se gli sembrava che la tecnica non fosse stata corretta ed elegante. Lui era così.

  6. Franco says:

    Le considerazioni profonde e sensibili di Alberto qui sopra,
    mi hanno indotto a leggere e scrivere qualcosa sul valore della sconfitta.
    Ho trovato brani preziosi che propongo qui senza nessuna pretesa di organicità.
    Sono spunti su cui, volendo, si può riflettere.

    Scrive Rosaria Gasparro :
    Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce.
    A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare
    senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. Educare a non divenire uno sgomitatore sociale,
    a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo.
    In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta,
    che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare….
    A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde.
    E’ un esercizio che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco.

    Scrive Maddalena Negri :
    Rosaria Gasparro, un nome da tenere bene a mente, una maestra elementare di grande valore,
    “vittima” di un apocrifo virale diventato un plagio e che attraverso ripetuti e maldestri ruba-e-incolla
    ha portato ad attribuire a Pasolini un suo scritto di mesi fa sul valore della sconfitta.

    Il commento di Rosaria che rende ancor di più il significato e la portata pedagogica
    dell’attenzione alle dinamiche della sconfitta e al loro influsso sulla costruzione della personalità.
    Una riflessione sulla sconfitta come possibilità da esplorare,
    per sdoganarla dalla negatività dell’accezione e agirla nella sua doppia dimensione
    di formazione e di liberazione dall’ossessione del successo e dalla sindrome del migliore.

    Un carico insopportabile che produce ansie, frustrazioni, presunzioni, individualismi, competizione.
    Solitudini.

    Come maestra conosco il potere dell’errore, la sua carica creativa e il ridimensionamento di ogni delirio d’onnipotenza.
    Lavorare sulla dimensione della fallibilità, in un mondo assillato dalla perfezione e dalla vittoria,
    ci permette di imparare l’umanissima arte del perdere e paradossalmente ci rende meno vulnerabili nella nostra ricerca di vita.

    Perché ogni giorno perdiamo qualcosa, ma sarebbe terribile perdere sé stessi,
    perdere la relazione con la vita, degradarla nel considerarla una partita dove si vince o si perde.

    Lavorare sulla sconfitta, ma anche sulla non ricerca della vittoria, del successo,
    è un’operazione di grande umanità a cui tutte le persone dovrebbero essere sensibilizzate.
    Avremo persone migliori, più vere, più vive, più felici.

    Ne farei tema di un percorso didattico e inserirei la gestione della sconfitta
    tra le skill life riservandole un posto d’onore nelle nuove competenze-chiave di cittadinanza.

    Scrive Franco Bellino :
    Beh, modestamente qualche decennio fa io avevo creato questo gruppo di lavoro a Feltre
    nel mio Corso di Tecniche di Comunicazione Creativa
    con Serena Costa, Laura De Faveri, Rubina Dal Pont, Elisa Feltrin, Licia Panzieri e Cristina Zanin :

    SOSTEGNO DELLA SCONFITTA E IL SAPER PERDERE

    E’ nostra intenzione costruire un sito internet a sostegno di persone che stanno attraversando un periodo difficile della loro vita,
    come il sentirsi “sfigato” e quindi escluso, o l’aver subìto una sconfitta.
    Il nostro sito si basa sia sull’ilarità e sul divertimento (per sdrammatizzare la situazione)
    sia sul dare indicazioni pratiche (es. offerte di lavoro, consulenze personalizzate con esperti di settore,
    spunti per intraprendere nuove attività, consigli su particolari risorse – libri, film…- che possono aiutare in questo senso)
    per sostenere concretamente queste persone.
    Il nostro sito si propone come un AMICO, al quale rivolgersi senza paura di essere giudicati
    e con la sicurezza di ricevere sempre consigli utili che possono aiutare.
    Attraverso questo progetto cerchiamo di infondere speranza, forza di “andare avanti”
    e di ricominciare dopo una sconfitta (di qualsiasi grandezza essa sia),
    inducendo a un comportamento attivo in risposta a questo tipo di situazione negativa,
    da prendere come una sfida e in modo ironico.

    Copio di non so chi da non so dove :

    Tutti pronti a criticare, quando si perde.
    Ma tutti altrettanto, se non più, pronti a “salire sul carro del vincitore”, dopo la vittoria.
    Prontissimi a rimangiarsi cattiverie, ostilità e certezze da “tuttologia” imperante.
    Tutti protesi e impegnati a vincere, a sognare una medaglia, una coppa, un riconoscimento, una targa: alla faccia del barone De Coubertin.
    E in realtà, tutto ciò – sia detto per inciso – lo condivido pure. A patto che non ci si dimentichi di quanto una sconfitta,
    che nessuno ricerca né può essere posta come obiettivo di una carriera o anche solo di una manifestazione o di un evento sportivo,
    possa tuttavia essere una grandissima fonte di apprendimento e di crescita personale.

    La sconfitta ha la violenza di uno schiaffo in faccia, l’umiliazione di un insulto e la capacità di devastazione di un tornado in Florida.
    Specie quando inattesa e imprevista, risulta destabilizzante, disturbante, inquietante, stupefacente.
    Ti lascia a terra, attonito, deluso, annichilito nell’incapacità di comprendere e reagire.

    Qualunque sia lo sport, diventa dimostrazione concreta e tangibile dell’alterità della vita
    rispetto alle proprie capacità e possibilità di gestirla.
    C’è sempre qualcosa di non controllabile, di non sottoponibile completamente alla nostra volontà e al nostro potere.
    L’emozione, un infortunio, una condizione del campo contraria alla nostra preparazione atletica,
    o più semplicemente un avversario più bravo, preparato e dotato di quello che ci saremmo aspettati.

    Non fraintendetemi: non sto facendo un elogio della sconfitta, né intendo auspicare la sua ricerca a tutti i costi.
    Ma credo – fermamente – che possedere gli strumenti per “leggerla” e trasmettere questi strumenti di lettura ai nostri ragazzi
    sia importante non solo nello sport, ma in ogni disciplina; ed è un insegnamento nella vita stessa.
    ………
    Un microfono in primo piano, stagliato sul nulla. Rumori di fondo appena percettibili. Secondi interminabili di sospensione.
    Speranza, delusione, gloria, successo, sconfitta, baratro, amore. Tutto può ancora accadere, tutto è possibile:
    è la vita colta un attimo prima che si compia, quando la possibilità si sta fondendo col destino per determinare il futuro delle persone.
    Poi l’inquadratura si allarga e il cantante folk comincia a cantare la sua ballata sugli impiccati.

    È l’inizio dell’ ultimo film dei fratelli Cohen: una lirica struggente sull’elogio della sconfitta.
    Il protagonista cerca la sua strada nel mondo musicale armato di una chitarra, di un gatto rosso, della sua determinazione e del suo talento.
    Non servirà. Alla fine del viaggioavrà fallito su tutti i fronti: come cantante, come marinaio (il suo vero lavoro) e come uomo.
    L’unico riscatto sarà quello di averci provato fino in fondo.

    Magnifico, poetico, senza retorica e senza catarsi. “A proposito di Davis” è un pugno nello stomaco sferrato con dolcezza.

    .. e infine il libro che proprio in queste ore sto leggendo :
    Ivan Morris “La nobiltà della sconfitta “
    Espressione della cosiddetta ‘hoganbiiki’, la ‘simpatia per il perdente’, è un sentimento profondamente radicato nella cultura giapponese,
    contrariamente a quella occidentale che incensa esclusivamente i vincitori.
    Una cavalcata affascinante e documentatissima che Morris
    domina con padronanza, senso della misura e gusto squisito.

    E adesso, come per i fuochi d’artificio della da poco vissuta “notte famosissima” del Redentore
    ecco il gran finale con un’esplosione di citazioni una più bella dell’altra :

    La sconfitta non è il peggior fallimento.
    Non aver tentato è il peggior fallimento.
    (George Edward Woodberry)

    Essere capaci di sorridere dopo una sconfitta è la migliore vittoria.
    (Anonimo)

    Quando perdi, non perdere la lezione.
    (Dalai Lama)

    Qual è l’apporto di una sconfitta?
    Una visione più precisa di noi stessi.
    (Cioran)

    Il successo è l’abilità di passare da un fallimento all’altro senza perdere il tuo entusiasmo.
    (Winston Churchill)

    Ci vuole solo coraggio, o forse buon senso, per capire
    che le lezioni migliori sono di solito le più dure;
    e che spesso fra queste ultime c’è la sconfitta.
    (Anthony Clifford Grayling)

    Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso.
    (Che Guevara)

    Soddisfa più una sconfitta pulita dove hai dato tutto,
    piuttosto che una vittoria ottenuta barando.
    (Jury Chechi)

    Chiudo infine con un omaggio al pilone destro di mia massima e incondizionata fiducia.
    In allegra contraddizione con tutto quanto scritto sulla nobiltà della sconfitta
    e sulla necessità di una sua serena accettazione, ecco due irridenti negazioni della sconfitta tout court.

    La prima scritta a lettera cubitali all’ingresso degli spogliatori della nazionale gallese di rugby.
    You never beat Wales, you just score more points than them.
    Non sconfiggi mai il Galles. Al massimo fai più punti di noi.

    .. e poi la dichiarazione di un compagno di squadra di Alberto, che nella rare occasioni di una sconfitta della loro squadra,
    uscendo di campo tranquillamente affermava indicando i suoi compagni di squadra :
    “Abbiamo perso ? No. Loro hanno perso. Io ho vinto”.

    Alla faccia della nobiltà della sconfitta.

  7. Zara says:

    Hi Franco,
    I am not much cop at rugby! So asked Ian and Alistair
    who had never heard the saying, but it is often quoted – see:-
    http://home.planetnz.com/rugbyheads/article/559

    Alistair thinks that the Welsh team always has amazing passion which never dies,
    so even if you score more points and win –
    they are never completely “beaten” – they bounce back with even more passion and determination…….

    Love to you both from us all,
    Zara x

  8. Enzo says:

    Mi scrive da Siena un grande alfiere dell’Oca, forse il più elegante, classico e musicale alfiere in Piazza
    quanto elegante, classico e musicale era Gianfranco Pieri in campo.
    Enzo regala a tutti noi un breve sguardo sulla pallacanestro d’antan che ho integrato con alcune notizie dal Web
    http://www.iltesorodisiena.net/2011/04/ida-nomi-pesciolini-il-basket-in-italia.html
    e che pubblico con grande riconoscenza :

    Caro bomber,
    l’incontro con la pallacanestro per me è avvenuto in occasione della vittoria delle “scarpette rosse” a Bologna (Coppa dei Campioni) vista in televisione.
    La pallacanestro è stata ‘partorita’ in Italia da una mamma senese : Ida Nomi Venerosi Pesciolini.

    Maestra di sport alla Mens Sana in Corpore Sano di Siena e membro della commissione tecnica femminile della Federginnastica,
    si deve a Ida l’introduzione della pallacanestro in Italia. Per prima tradusse le regole del gioco scritte da James Naismith e mise insieme una squadra di ragazze.
    Nel 1907 presentò il nuovo sport, con il nome di “palla al cerchio”, al Concorso Ginnico di Venezia, schierando in campo le ragazze che aveva allenato.
    Definì la palla al cerchio «un gioco ritenuto al momento particolarmente adatto alle signorine».
    Per la presentazione di questo sport, la squadra di Siena vinse una medaglia d’argento.
    Poiché la professoressa Nomi non aveva mai visto giocare lo sport inventato da Naismith, ma ne aveva soltanto interpretato le regole,
    l’esibizione mostrò una disciplina leggermente diversa da quella originale.
    L’esibizione veneziana della pallacanestro fu la prima ufficiale mai organizzata in Italia di cui è rimasta traccia.
    E fu anche la prima delle molte vittorie di Siena.
    I senesi rivendicano con forza di avere presentato in Italia questo sport di origine americana.
    A Siena negli anni successivi questo sport si è affermato a livello liceale come nei college americani.
    Si giocava all’aperto nel piazzale della palestra Sant’Agata fino agli anni ’50. Era uno sport di élite perciò praticato dagli studenti delle scuole superiori. Successivamente la pallacanestro si è allargata anche in luoghi popolari.
    Molti sono stati i precursori senesi di questo sport. Ne cito soltanto alcuni : la Pesciolini, il professor Casini, don Perucatti.
    Con questo sviluppo entrarono in lizza altre società sportive senesi la ‘Virtus’ e il ‘Costone’
    che insieme alla ‘Mensana’ hanno dato notorietà alla pallacanestro senese.
    Ho voluto citare con questo preambolo l’origine del gioco più bello, praticato con spirito avveniristico a Siena e sviluppato poi anche a livello nazionale.

    Ho letto con interesse i tuoi racconti relativi alla palla al cesto e, con i dovuti distinguo,
    posso dire che mi hai fatto ricordare certe emozioni provate tanti anni fa.
    Come sai Siena con la Mens Sana è stata un centro di interesse nazionale e internazionale
    e ho potuto per questo vedere ed apprezzare questo sport.
    A differenza di te, io non ho mai avuto la possibilità di poter giocare e allora,
    proprio per la grande passione che avevo e che è rimasta, sono diventato un arbitro con poco successo, ma questo non importa.
    Nello specifico quando ricordi l’azione con la quale hai vissuto un momento bello della tua vita,
    potrei dire che l’incoscienza sostenuta da una grande passione è stata la chiave che ti ha fatto riuscire vittorioso.
    Ti saluto alzando la palla al centro e buona partita !!!
    Enzo

    Grazie, Enzo. Il caso e la storia vogliono che persino in questa grande passione che ci unisce, siano unite anche Siena e Venezia.

  9. George says:

    Franco, I have visited your website and have been enchanted by your eclectic interests. So varied. So perceptive.
    I knew nothing of your basketball addiction – how un-Italian in a surprising way.

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