Ganesh in a boat. La vera storia non cambia la mia storia.

 

 

E’ vero, in Cambogia ho chiesto notizie sul “Ganesh in a boat” praticamente a tutti : al mutilato che me lo ha venduto, alle deliziose bimbette che lo attorniavano, ad un ‘antiquario’ nella Alley di Siem Reap, persino ad un allibito  Curator del Musèe National de Phnom Penh. Nessuno mi ha saputo dire nulla. Lo guardavano, mi guardavano, guardavano il cielo.

Di fronte a tanto mistero mi sono immaginato tutta una storia che ho scritto qui sopra con il titolo : “Ganesh in a boat. Ecco perché anche tu gli vorrai bene”.

In realtà sarebbe bastato che io chiedessi del “Ganesh in a boat” ad un qualsiasi bambino di 5-6 anni. Ad un bambino indiano però. Lui di Ganesh in barca ne ha già visti a centinaia nella grande festa che si chiama ‘Ganesh Chaturthi” (Ganesh Utsav) e che nel 2012 si celebrerà tra il 19 e il 29 settembre.

Per preparare questa festa migliaia di persone lavorano per mesi e mesi. Milioni  di persone la celebrano per 12 giorni. E infine in un giorno speciale, ‘Anant Chaudas’,  enormi statue di Ganesh vengono poste su delle barche e poi spinte verso il largo e lasciate scomparire in alto mare.

Questo rito di mettere Ganesh su una barca si chiama “Ganesh Visarjan” ed ha un duplice significato : Ganesh, che è sceso tra gli uomini ed è rimasto per i 12 giorni della festa in grandi templi temporanei (‘pandal’), torna adesso dal mare verso la sua casa celeste. E poiché lui è il dio che rimuove tutti gli ostacoli, Ganesh porta con sé in barca tutti i problemi e tutti i dolori dei fedeli che si accalcano a decine di migliaia sulla spiaggia e lo salutano cantando : “Addio Signore Ganesh. Vai e torna presto tra noi l’anno prossimo”.

Tutto questo io non lo sapevo.

Tutto questo apparentemente nessuno in Cambogia lo sapeva.

Tutto questo anche un bambino indiano di pochi anni me lo avrebbe serenamente detto e spiegato.

Ma anche l’ignoranza ha i suoi vantaggi.

Mi rassicurano Giordano Bruno (“L’ignoranza è la madre della felicità e beatitudine sensuale”), Giambattista Vico (“La meraviglia è figlia dell’ignoranza”),  Sacha Guitry (“Il poco che so lo devo alla mia ignoranza”) e infine Confucio in persona : “Vera conoscenza è conoscere l’estensione della propria ignoranza”.

Nel caso del mio “Ganesh on a boat” la mia ignoranza della grande festa che tutta l’India dedica a Ganesh, mi ha comunque ispirato delle emozioni e suggerito delle riflessioni di cui non mi vergogno. Mi ha regalato felicità e beatitudine sensuale  (l’ho infatti accarezzato per giorni e giorni e ancora lo faccio). La mia ignoranza è stata per me madre di una grande meravigliosa meraviglia. E adesso il poco che so lo devo davvero alla mia precedente ignoranza.

Sì, riflettendoci ora, era probabilmente eccessivo pensare che un umile artigiano khmer avesse avuto la straordinaria creatività di inventare – da solo, dal nulla – un’immagine del dio Ganesh, modificandolo e dotandolo di caratteristiche cambogiane.

Forse era davvero immaginare troppo, soprattutto in una cultura in cui la sacralità di un’immagine dipende innanzitutto dalla sua perfetta aderenza ai canoni stabiliti  da millenni per rappresentarla, renderla gradita alla divinità e quindi “efficace”.

Però è anche vero che il mio ignoto umile artigiano qualcosa di unico ce l’ha messo nel mio (ora non più soltanto mio) “Ganesh in a boat”.

E’ vero, migliaia e migliaia di Ganesh da secoli in India sono messi su una barca e spinti verso l’alto mare.
Però sono sicuro che nemmeno uno di queste migliaia di “Ganesh in a boat” ha mai indossato con tanta disinvoltura e sorridente auto-ironia il cappello da contadino del mio (anche ora soltanto mio) Ganesh khmer in barca.

PS

Ecco la prova che il mio “Ganesh in a boat”nonostante tutto è davvero unico. Questi sono tanti diversi Ganesh in barca che vengono da India, Thailandia,  Birmania.

 

Ganesh on boat

Ne vedi uno, anche uno soltanto che indossi l’umile  cappello da contadino o da mondina del mio “Ganesh in a boat” ?

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