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Un giorno regalarono allo scultore inglese Henry Moore il teschio di un elefante :

 

skull

 

Affascinato, Moore studiò lo scheletro di elefante per giorni e giorni.

 

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Infine realizzò una serie di incisioni che intitolò “Elephant Skull”.

 

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Nei ricordi di infanzia Moore scrive : “Ero figlio di un minatore dello Yorkshire, il più piccolo di sette fratelli e mia madre non era più così giovane.

Mamma soffriva di dolorosi reumatismi alla schiena.
D’inverno, quando io rientravo a casa da scuola, spesso mi diceva :
“Henry, piccolo mio, vieni qui e massaggiami la schiena”.
Io allora le massaggiavo la schiena con un unguento”.

 

Molti anni dopo Moore iniziò a modellare questa scultura che rappresenta una donna matura :

 

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Scrive Moore nei suoi ricordi : “Mi sono accorto che inconsciamente stavo dando alla sua schiena la forma da tanto tempo ormai dimenticata della schiena che avevo così spesso massaggiato quando ero un bambino… Quella mia esperienza infantile mi ha aiutato a creare questa scultura”.

 

 

 

Un giorno vidi alla Galleria Transart di Milano una esposizione di opera grafiche di Moore.

Tra le altre opere anche le acquaforti che a Moore erano state ispirate dal teschio di elefante ricevuto in dono.

Quel giorno tra tutte ho scelto questa immagine :

 

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… proprio perché sono sicuro che Moore  – scoprendola nella gigantesca massa dell’osso dell’elefante e poi incidendola tratto dopo tratto all’acquaforte e puntasecca – si è ricordato di quando bambino massaggiava amorevolmente la schiena della madre.

 

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Moore ha rivissuto quei momenti, quell’esperienza sia tattile che emotiva indimenticabile : un bimbo che con le sue mani massaggia a lungo la schiena della mamma, le toglie carezza dopo carezza il dolore, la cura e la guarisce.

 

Ogni giorno rimpiango di non aver mai avuto tanta confidenza tattile – toccarsi, accarezzarsi, abbracciarsi e baciarsi – con i miei genitori.

Allora non usava. Con mio padre ci si dava la mano. C’era una forma di pudore che ci impediva di toccarci quanto sicuramente sia noi figli che loro genitori avremmo voluto.

 

Ogni giorno guardo a lungo questa opera grafica che Moore ha intitolato  “Immagine di un dorso femminile” :

 

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Per me – e credo anche per lui – il vero titolo è : “Ricordo di quando da piccolo massaggiavo la schiena di mamma”.

 

 

 

Un giorno, Stefano, il figlio dei carissimi amici Nannina e Fulvio Grassi, mi ha regalato un sasso trovato in un ruscello di montagna.

 

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Sembra un sasso normalissimo, al massimo una forma astratta.
Invece è molto più di un “sasso” : è una scultura
creata dalla Natura, dal Caso e dal Tempo.

 

Per tutti poteva essere un sasso, una sasso come milioni di altri sassi,
ma l’occhio innocente e creativo di un bambino ci ha visto un’immagine,
e l’ha subito amata e ha voluto farne un dono d’amore.

 

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Se guardi questo “sasso” con amore, anche tu ci vedi il corpo di un bambino che con la sua mano accarezza la schiena della mamma, proprio al centro della spina dorsale. Il punto dove lui sa che la mamma ha tanto dolore.

 

Ci vuole l’occhio di un bambino o di un artista per vedere in quel sasso un bambino e la sua mamma. Però Stefano, che aveva 9 anni, ha visto quella immagine, ha raccolto quel sasso, pesante per lui e dalla montgna l’ha portato fino a Milano proprio per me.

 

Per me questo “sasso è prezioso quanto lo è l’incisione di Moore che rappresenta la schiena di sua madre. Forse persino più prezioso.

 

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