GUAJIAN: 挂件 CHUITZU o ZHUIZI: 坠子 o Toggle ?

“Guajian : il Netsuke nasce in Cina”.

Questo mio articolo sugli antenati cinesi dei netsuke, i “guajian” ha fatto nascere una bizzarra querelle terminologica tra Cina (senza cinesi coinvolti, però),
Stati Uniti e Italia. Ha evocato fantasmi del Ventennio, del Manifesto della Cucina Futurista e persino delle ultime frange del neo-colonialismo linguistico.

Per fortuna però mi ha anche riportato alla memoria il profumo dell’erba di infantili imitazioni del mitico trio rossonero “Gre-No-Li”.

 

Io chiamo gli oggetti “gua jian” o anche “chui tzu”.


guajian neretto

 

                                                     

 secondo

Daniel Tretiak che vive a Pechino ed è il più grande commerciante al mondo di questi oggetti
(vedi il suo sito >www.trocadero.com/tretslbj/<) mi dice che no: devo chiamarli “Chinese toggles”.

Margaret Duda che è la più grande studiosa di questi oggetti, intitola il suo favoloso volume :
“Traditional Chinese Toggles”.

 

La cosa mi da fastidio ed ecco perché :

non molto tempo fa da noi in Italia, per moda imposta dall’alto e anche per scelta culturale dei Futuristi,
si volle trovare un nome italiano per molte parole straniere.

Inevitabilmente si sfiorò il ridicolo.

Il bar diventò : “quisibeve” e il barman, elegantemente “mescitore”.

Il sandwich diventò l’accettabile “tramezzino”,

ma anche l’intruso (Tra moglie e marito…) “tra-i-due”.

Il cocktail, la pittorica “bevanda arlecchina”, ma anche l’inquietante “polibibita”.

A questo punto poi, il ridicolo non soltanto si sfiorò : ci si precipitò dentro.

Il dessert ? “Peralzarsi”

Il pic-nic ? “Pranzoalsole”.

E infine, il più terrificante di tutti : il purè ? “Poltiglia”.

quisibeve

 

cuina futurista e mucca

Marinetti e cuocoseni

copertina del libro

Ci sarebbe anche un aspetto più malinconico e dolce.

calcio d'antan

Nelle mie infantili partite di football, quando qualcuno toccava il pallone con una mano, noi si gridava : “ENZ !”.

Nessuno ha mai saputo che il nostro grido veniva da “Hands!” (mani) così come nessuno di noi sospettava che
quando andava a calciare dall’angolo, quello era esattamente il “corner” di albionica provenienza.
Valeva anche la regola “ 3 corner un rigore”, forse perché il rettangolo di gioco era così irregolare
che l’angolo dove andare a calciare il corner proprio non esisteva.

 

Lasciati gli infantili sogni di gloria (pedatoria), oggi nel mondo gli esperti di “Guajian” cinesi,
esclusi i presenti ed i cinesi di cui non si sa nulla, sono 2 (due). Margaret Duda e Daniel Tretiak.

Tutti e due, irremovibili,  propongono l’uso di un nome inglese per un oggetto cinese.
Chiamano “Chinese toggles” i Guajian cinesi.

E’ vero che, almeno per quanto ne so io, il mercato per gli antichi guajian è esclusivamente occidentale, e forse anche coreano e giapponese.
Quindi Margaret, che scrive per gli occidentali, deve titolare la sua splendida opera “Traditional Chinese Toggles”

Daniel che vende agli occidentali deve proporli nel suo sito come “Toggles”.

Ma perché allora tutti nel mondo chiamano “Netsuke”, gli equivalenti oggetti giapponesi
e nessuno, pena il ridicolo e l’immediato ostracismo, li chiamerebbe mai : “Japanese toggles” ?

 

Dilaniato da questo dilemma, che non è solo linguistico, ma anche culturale e rispettoso dell’identità di una non trascurabile minoranza
di circa 1.400 milioni di cinesi, ho scritto questo accorato appello ad un geniale psichiatra che matto, come inevitabilmente deve esserlo
chiunque si occupi di problemi mentali, ha per i guajian una sfrenata passione ed una profonda carnale conoscenza,
spesso maturata con lunghi soggiorni in lande desolate della Cina, deserte di uomini, ma abitate da spiriti e sciamani :

 

Ciao psichiatrO

(lo scrivo apposta sbagliato perché Egli non si prenda troppo sul serio)

ho appena postato su www.francobellino.com

un modesto scritto sui guajian cinesi,

che sarebbe bello tu entusiasticamente commentassi in calce (vuol dire = in fondo all’articolo).

Il mio pusher di Bejing me lo critica perché dice :

“Solo tu usi il termine “guajian”. Noi qui in Cina li chiamiamo “toggles”.

Gli ho risposto che “toggle” in italiano sarebbe “bottone”,

ma per gli Italiani un bottone è sempre accompagnato da un’asola,

il ché non è il caso per dei contrappesi da cintura.

E poi io vorrei proprio usare per un oggetto cinese il suo nome cinese.

Mi fai per favore, magari anche in loco (=in Cina)

una fulminea verifica dei termini

che i Cinesi usano, in cinese, per definire questi oggetti cinesi ?

Ti elenco qui sotto alcune possibili ipotesi,

ma non tutte saranno valide, ed alcune saranno molto più usate di altre.

 

guajian                       counterweight
chui-tzu                      toggles   Mandarin, Wide-Giles transcription
zhui-zi                        toggles   Pin yin
xiao wan  ya-er          playthings
xiao wan-yang-er       small objects for fondling   
xiao wan  er               small wooden object
xiao mu-jian-er          small wooden objects
gua-jia-er                   hanging items
jway-dze                                 . . . . . . . . . . . .

Domanda :
quale è il nome cinese, in caratteri cinesi, che si usa in Cina ?
Della lista qui sopra :quale è il termine più usato ?
Quello a volte usato, ma raramente ?
Quello che non si usa mai ?
Grazie
Franco

… ed ecco dopo qualche mese la sua documentata risposta :

Ciao Franco !
Mi fa piacere che prosegua il tuo interesse per i gua jian; anche, non lo nego, per un pizzico d’egoismo:
attraverso te, lo vivo un po’ anch’io. Tu, ammaliatore minacciante il mio “non attaccamento” agli oggetti!

Mi par di capire che hai ripreso i contatti pure con l’attempato, ingrato signore di Pechino, che mi sembra una buona decisione:
uno “spacciatore”, anche se di gua jian, mica dev’essere per forza un amico.

Mi sembra strana la sua asserzione sui toggle, come tu gli fai notare: quale cinese in Cina chiama mai toggle un gua jian?!
Comunque, per quanto ne so, toggle significa anche “pendente”, come in questo caso.

Quanto ai termini da te elencati, purtroppo il messaggio di posta elettronica ha omesso i caratteri cinesi (puoi provare a rimandarli, magari usando la codificazione Unicode). Faccio comunque delle ipotesi: la trascrizione Wade-Giles (non “Wide-Giles”, che significherebbe una circonferenza vita ampia del signor Giles) più corretta sarebbe chui tzu; quella pin yin, zhuizi. Jway-dze (qui sì che il trattino ci può essere) è una delle varie traslitterazioni possibili della lingua cantonese, e corrisponde al mandarino zhuizi. Il suffisso er (togli anche qui tutti i trattini) è spesso una forma gergale pechinese priva di significato (altrimenti significherebbe “giovincello”) e quindi si può omettere altrettanto spesso nel linguaggio scritto generico della Cina. Per esempio, wan e wan er significano entrambi “giocare”.

Non sono riuscito a trovare wan ya per “giocattolo” (plaything), che so dirsi wan wu 玩物, wan ju 玩具 o con l’informale wan yi er 玩意儿. Wan yang potrebbe significare “objects for fondling”, mentre non vedo alcuna correlazione tra wan e “oggetto di legno”, che invece si potrebbe dire mu jian (mu significa “legno”).

Non è così comune che un cinese odierno sappia cos’è un gua jian. Per cui alcuni termini da te citati (xiao wan ya er = playthings; xiao wan yang er =small objects for fondling; xiao wan er = small wooden object; e xiao mu jian er  = small wooden objects) potrebbero essere nomi generici usati da chi non ha ben presente cosa sia un gua jian o da chi li vende a chi non ha ben presente cosa sia un gua jian. Nessun cinese che conosco li usa come loro nomi specifici.

Se un giorno riuscissimo a trovarci in un luogo popolato da cinesi e tu portassi un tuo gua jian da mostrargli, ti renderesti conto di quanto ho asserito e magari raccoglieremmo altri nomi ancora.

Continua così!

Un grande abbraccio a Giovanna e a te.

A.M.D.G.

 

Adesso mi appello a chi – se possibile di lingua madre cinese – volesse
contribuire a questo interessante dibattito. La domanda è :

 

qual è il termine usato in Cina nel linguaggio di tutti i giorni ?

 

E se, come è molto probabile, nel linguaggio di tutti i giorni proprio non si parla di “Guajian”,
quali sono i termini che usa per designarli chi in Cina scrive di folklore, di usanze popolari,
di artigianato o arti minori (che ‘minori’ non sono e soprattutto non sono mai state) ?

Ho chiesto a Jian guo, brillante studente all’Università di Siena, di scrivere per me questo appello in cinese :

 

Gentile signora o signore cinese,

scrivi per favore qui sotto,

il nome che tu useresti per definire in cinese questi oggetti ?

 

Spero davvero che il simpatico Jian guo non mi abbia fatto lo scherzo di moda tra i tatuatori
che incidono irrevocabilmente sulla pelle degli ignari committenti parolacce irriferibili :

jian

Arcimboldo erettoHokusai per DudaC'est la viemonkey Rodin

Box 1

 

 

 

 

 

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7 Responses to “GUAJIAN: 挂件 CHUITZU o ZHUIZI: 坠子 o Toggle ?”

  1. Jian says:

    ti l’ho tradotto le frasi in modo piu’ cinese possibile, quindi non preoccuparti!
    Franco 先生觉得应该给予这些精巧的艺术品更多的重视,尤其是在对比日本在对于这类艺术品的研究上的领先。
    也许我们不该只把注意力放在名贵的瓷器或者价值连城的金银器上,因为这些看起来并不起眼的古代工艺品也是我们传统文化的重要一部分。
    而只有对我们的文化系统完整的描述才能真正的让世界了解中国

  2. Sie-sie-nìn, caro Jian.
    Sapevo di potermi fidare di te. Anche perché,
    se anche non mi fossi fidato, non sarebbe cambiato nulla :-)
    Adesso però mi dici
    che cosa hai scritto in cinese nel testo qui sopra ?
    Grazie.

  3. Anche se sicuramente non può aver colto la mia perfida evocazione di neocolonialismo linguistico, il buon Daniel Tretiak,
    non appena letto il tentativo di definire un nome per gli antenati cinesi dei netsuke, si fionda al computer
    e mi inchioda alle mie responsabilità rivoluzionarie con questo lapidario commento :

    Lincoln said the world will little note nor long remember.
    In Bj we say sui bian, as you like.
    When in Rome do as the Romans do.
    sui bian
    dan

    A toggle by any other name is still a toggle.
    The most important language in the world is English,
    but in Italian
    sui bian
    dan

    Con il suo lapidario “Sui bian” (fa come ti pare) il buon vecchio Dan unisce in fulminea sintesi
    il suo Shakespeare di “As you like it” e il mio Pirandello di “Così è (se vi pare)”.
    Questo conferma quanto sia corretto insistere per chiamare con un nome cinese degli oggetti cinesi.
    Ma conferma soprattutto quanta ragione io abbia avuto nel rivolgermi a lui
    con il più deferente “my great Master and only Guru” sin dal nostro primissimo incontro.
    Che peraltro non c’è mai – non c’è ancora – stato.
    Mi sembra irragionevole e perciò indispensabile concludere questa disputa
    con il prezioso consiglio di un altro antichissimo Maestro cinese :
    Non prenderti mai troppo sul serio.
    Non prendere nulla mai troppo sul serio.
    Nemmeno queste pagine, nemmeno i miei consigli.
    Diceva Lao-tse : “Appena concepisci un pensiero, ridici sopra”.
    Dopo di lui, con folgorante concisione, Leo Longanesi : “Eppure è sempre vero anche il contrario”.
    Conferma Woody Allen in “Interiors” : “Ogni medaglia ha sempre due rovesci”.
    Preferisco : ogni medaglia ha sempre due diritti.

  4. Stefano says:

    Caro Franco, col tuo solito acume, fai notare l’idiosincrasia fra toggle e netskuke, la quale condivido. Anzi, mi sembra che di solito un nome orientale sia ritenuto più affascinante dai venditori. Vedi, per esempio, il titolo “pranoterapia”; oppure la signora borghese che si rifiuta di praticare la ginnastica morbida, ma è tutta orgogliosa di fare tai ji quan o yoga, che per lo più vengono insegnati come ginnastica morbida.
    Che una mela abbia lo stesso sapore comunque la si chiami, è un bel concetto tipicamente taoista. Ma in alcune situazioni è importante conoscere il nome originale con cui una cultura chiama l’oggetto che ha prodotto; tanto più nel caso della Cina, perché la sua lingua raffigurativa può offrire informazioni aggiuntive sul significato rappresentato dal carattere grafico.
    Mi pare inoltre che l’emerito Daniel Tretiak concordi con te quando scrive: “When in Rome do as the Romans do”. Appunto, quando sei in Cina, chiama le cose cinesi col nome cinese. Peraltro lo diceva anche Confucio: “Quando entri in un Paese, segui le sue consuetudini” (“Ru xiang sui su”).
    In più mi sembra anacronistico proporre oggi un euro-centrismo linguistico in materia cinese, quando è difficile trovare un oggetto che non sia fabbricato in Cina.

    Già che ci siamo, sui bian significa pure “incurante”, tipo: ma che me frega dei toggle!
    Grazie si scrive “xie xie” (“hsie hsie” se usi l’antiquata traslitterazione Wade-Giles, ma poi i Cinesi della Repubblica Popolare non lo capiscono). Sie, invece, può significare “oca morta”, e in certe zone di Siena tu m’insegni che è meglio evitarlo!

  5. Franco Bellino says:

    Morta l’Oca ? Mai, mai e poi mai.
    L’Oca ha appena vinto il Palio di Luglio, correrà anche il Palio d’Agosto
    e, se non fossi scaramantico, appronterei un tipico indumento invernale.
    Xie xie, carissimo psichiatrO, e sempre viva l’Oca !!!

  6. chenyu says:

    大多数人都有自己的收藏爱好,我也一样。我收集过一些奇奇怪怪的东西,比如中性笔笔帽中的那个小小的橡胶垫。一次偶然的机会,我发现这些橡胶垫居然有不同的颜色,就想看看能不能集齐彩虹的颜色,于是就一发不可收拾了。这个爱好也许在别人看来很奇怪,但它几乎不需要花费精力和财力,而且给我带来很大的收藏的乐趣。每每看着我这些小小的藏品,心中的满足感溢于言表。
    一次,一个朋友给我看了他的藏品,古书、古玉、古钱币。每说到一件藏品,他都会告诉我市价几何——都是价值不菲的古玩啊。我给他看了我爸收藏的一件小挂饰,一只木雕的猴子,半开玩笑地问他能值多少钱,他看了一眼,说没几个钱,不值得收藏。我问其原因,他说木质普通,刻工一般,年代又近,没什么意思,接下来就开始大谈他的收藏哲学了,我没在认真听,觉得似乎在说只有贵重的才是值得的。在他口若悬河的时候,我在摆弄着那只小猴子,觉得雕得很真实,很生动,表情十分顽皮,让人看着就想抚摸把玩。而我又看看朋友的藏品们,或者被放在盒子里,或者被装在画框中,主人十分小心地对待着每一件藏品,生怕每一次触碰都会造成损害。于是我就想,还是我的小猴子挂饰好。
    每个人对于收藏都有自己的理解和目的,所以朋友的想法也无可厚非,但我总觉得,因为价值的缘故而忽视诸如挂饰等小物件,实在是一件遗憾的事。听一些“收藏家”们谈古玩的美,是的,他们的眼光的确独到,听过他们的解释后也确实会让人恍然大悟,但是,他们知道“美”,却并不真正的热爱“美”,他们爱的是其背后所隐藏的市值。
    不是值钱的才是“美”的。一堆五颜六色的小橡皮垫,一只小猴子挂饰,只要你用心,美就在那里。

  7. vito taverna says:

    Caro Franco, molto interessante tutto, e lo rileggerò più attentamente. La parola “bottoni” mi ha fatto sempre rabbia anche a me- i bottoni possono essere anche belli in se ma non hanno niente a che vedere con l’antica Cina e il Giappone. Mi ricordo che “si” vuol dire a secondo del tono : morte, quattro, e filosofo confuciano, ma non ne sono sicuro. Mi ha telefonato Francesco e verrà a trovarmi . A risentirci Vito

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