Timshol (o Timshel) : la parola che può cambiarti la vita.

 

doppia scritta

Da molti e molti anni “Timshol”, o “Timshel”, questa parola ebraica dal versetto 4.7 del libro della “Genesi”
costituisce un fondamentale punto di riferimento nelle mie scelte di vita.

Non ho tempo ora di elaborare con un minimo di struttura quello che sento e che vorrei comunicare,
però posso almeno registrare il punto di partenza di ciò che vorrei scrivere e forse un giorno scriverò.

Tutto inizia, circa 50 anni fa da una pagina di “La valle dell’Eden” di John Steinbeck.
Non posso dire la pagina esatta perché dopo 8 traslochi, gli ultimi 5 concentrati in 13 anni, trovare un libro,
anche se amatissimo, letto e riletto e annotato non è facile.

East of Eden cover 1952

………  Li portò in tavola la caffettiera grigia smaltata, riempì le tazze e sedette. Si scaldò il palmo della mano contro il fianco rotondo della sua tazza.
A un tratto si mise a ridere. “Mi avete dato un sacco di noie, signor Hamilton  e avete disturbato la tranquillità della Cina.”

“Che cosa intendete dire, Li?”

“Mi sembra di avervelo già detto” disse Li. “Ma forse me lo son solo immaginato e intendevo raccontarvelo. Comunque è una storia divertente.”

“La voglio sentire” disse Samuel e guardò Adam. “Voi non la volete sentire, Adam? Vi state alzando di nuovo tra le nuvole?”

“Ci stavo pensando” disse Adam. “E’ buffo, è una specie di eccitazione che mi prende.”

“E’ bene” disse Samuel. “Forse è la miglior cosa tra tutte quelle che possono capitare a un essere umano. Sentiamo la vostra storia, Li.”

Il cinese si toccò il collo e sorrise. “Mi domando se mi abituerò mai a non avere il codino” disse. “Credo che mi servisse più di quanto non me ne accorgessi.
Dunque, la storia. Vi dissi, signor Hamilton, che stavo diventando sempre più cinese. Vi succede mai di diventare più irlandese ?”

“E’ una cosa che va e viene” disse Samuel.

“Vi ricordate quando ci leggeste i sedici versetti del quarto capitolo della Genesi e poi ne discutemmo?”

“Me ne ricordo benissimo. E’ roba di parecchio tempo fa.”

“Quasi dieci anni” disse Li. “Bene, la storia mi fece una grande impressione e me ne sono impadronito parola per parola.
Più ci pensavo sopra e più mi pareva profonda. Poi confrontai tutte le traduzioni che abbiamo ed erano tutte molto vicine.
Solo un punto mi lasciava perplesso. La versione del Re Giacomo dice così: è il punto in cui Geova ha chiesto a Caino perché sia sdegnato.
Geova dice: “Non è egli vero che se farai bene avrai bene; e se farai male, il peccato sarà subito alla tua porta?
Ma sotto di te sarà il desiderio di esso e tu avrai modo di dominarlo”.
E’ quel “avrai modo” che mi ha colpito, perché era una promessa che Caino avrebbe vinto il peccato.”

Samuel annuì. “E i suoi figli non lo fecero” disse.

Li sorbiva il suo caffè. “Poi mi sono procurato una copia della Bibbia americana. Era nuova, fiammante, allora, e questo passo era molto diverso.
Dice: “Abbi la signoria sopra di lui”. Dunque è molto diverso. Questa non è una promessa, è un ordine. E io cominciai a ruminarci sopra.
Mi chiedevo quale potesse essere la parola originale dello scrittore originale e come fossero potute venir fuori traduzioni così diverse.”

Samuel appoggiò le mani sulla tavola a palma in giù e si chinò in avanti, e gli tornò negli occhi quella antica luce giovanile.
“Li” disse “non mi dite che avete studiato l’ebraico.”

Li disse: “Invece lo dirò. Ed è una storia abbastanza lunga. Volete un sorso di ng-ka-py?”.

“Sarebbe quella bevanda che sa di mele marce?”

“Sì. Parlo meglio quando ne ho bevuto.”

“E io forse riesco a stare meglio a sentire” disse Samuel.

Mentre Li andava in cucina Samuel chiese ad Adam: “Ne sapevate nulla di questa storia?”.

“No” disse Adam. “Non me ne ha mai parlato o forse non lo stavo a sentire.”

Li ritornò con la sua bottiglia di coccio e tre tazzine di porcellana così sottile e delicata che lasciavano trasparire la luce.
“Bere alla cinese” disse e versò il liquore che era quasi nero. “C’è molto assenzio dentro. Questa sì che è roba da bere” disse.
“A berne parecchia fa lo stesso effetto dell’assenzio puro.”

Samuel ne sorbì un po’. “Voglio sapere perché la cosa vi interessava tanto” disse.

“Be’, mi sembrava che l’uomo che aveva potuto concepire una storia così grande avrebbe dovuto sapere bene cosa voleva dire
e non ci sarebbero dovute essere confusioni nel suo modo di esprimersi.”

“Voi dite “l’uomo” ma non pensate che questo è un libro divino scritto dal dito di Dio intinto nell’ inchiostro?”

“Io credo che la mente che ha potuto pensare questa storia sia una mente curiosamente divina. Ne abbiamo avuta qualcuna anche in Cina.”

“Volevo solamente sapere.” disse Samuel. “Comunque non siete un presbiteriano.”

“Vi dicevo che stavo diventando sempre più cinese. Beh, per continuare andai a San Francisco al quartier generale della nostra associazione di famiglia.
Sapete di cosa si tratta? Le nostre grandi famiglie hanno centri dove ogni membro può dare aiuto o riceverne.
La famiglia Li è molto grande, si cura lei stessa di tutte le sue cose.”

“Ne ho sentito parlare” disse Samuel.

“Vuol dire di quella lotta con l’accetta per quella ragazza schiava?”

“Credo di sì.”

“E’ una cosa un po’ differente, però” disse Li. “Andai là perché nella nostra famiglia ci son molti venerati signori che sono grandi studiosi.
Sono pensatori di precisione. C’è chi passa molti anni a meditare su una frase del dotto che voi chiamate Confucio.
Pensavo che ci fossero esperti d’interpretazione che potessero darmi consigli.

“Sono bravi vecchi. Il pomeriggio fumano le loro due pipe di oppio e questo dà loro riposo e aguzza loro l’ingegno
e la notte il loro spirito è in una forma meravigliosa. Credo che nessun altro sia mai stato in grado di usare bene l’oppio.”

Li tuffò la lingua nel liquore nero. “Sottoposi loro rispettosamente il mio problema, lessi la storia e dissi la mia interpretazione.
La notte seguente si riunirono quattro di loro e mi chiamarono. Discutemmo la storia tutta la notte.”

Li rise. “Credo sia buffo” continuò. “So che non avrei osato dirlo a molte persone. Ve li immaginate quattro vecchi signori, il più giovane ora ha novant’anni,
che si mettono a studiare l’ebraico? Chiamarono un dotto rabbino. Si misero a studiare come se fossero stati bambini.
Libri d’esercizi, grammatica, fraseologia, frasi semplici. Dovreste vedere l’ ebraico scritto con un pennellino e l’inchiostro di china!
Il senso da destra a sinistra non li imbarazzava come succederebbe a voi perché noi scriviamo dal sotto in su,
e poi non si contentavano mai! Andarono fino in fondo alla questione:”

“E voi?” disse Samuel.

“Andavo di pari passo con loro meravigliandomi della bellezza dei loro superbi e limpidi cervelli. Cominciai ad amare la mia razza e per la prima volta volli essere un cinese.
Ogni due settimane andavo da loro per una riunione e qui nella mia stanza coprivo pagine e pagine di scrittura. Comprai tutti i vocabolari ebraici conosciuti.
Ma quei vecchi signori erano sempre più avanti di me. Non ci volle molto perché sopravanzassero anche il nostro rabbino; lui si portò un collega.
Signor Hamilton, avreste dovuto passar con noi qualcuna di quelle notti di discussioni. Le domande, le analisi, oh, quel bel pensiero… quel bel modo di pensare !

Solo ebraico

Dopo due anni sentimmo di poterci accostare ai famosi sedici versetti del quarto capitolo della Genesi. Anche i miei vecchi signori avvertivano
che quelle parole erano importantissime: <<avrai>> e <<abbi>>. E questo fu l’oro che noi scavammo: <<Tu puoi>>.
<<Tu puoi avere la signoria sopra il peccato.>>
I vecchi signori sorrisero e annuirono e capirono che gli anni erano stati spesi bene. La cosa li aveva fatti uscire dal loro guscio, quei cinesi, e ora stanno studiando il greco.”

Samuel disse: “E’una storia fantastica. Ho cercato di seguirvi eppure ho perso qualche cosa. Perché questa parola è così importante?”.

La mano di Li tremava mentre riempiva le sottili tazzine. Bevve la sua tutta d’un fiato. “Ma non vedete?” esclamò.
“La traduzione americana della Bibbia ordina agli uomini di trionfare sul peccato e il peccato si può chiamare ignoranza.
La traduzione del Re Giacomo fa una promessa con quel <<tu avrai>>, intendendo che gli uomini trionferanno sicuramente del peccato.
Ma la parola ebraica, la parola timshel – tu puoi – implica una scelta.
Potrebbe essere la parola più importante del mondo.
Significa che la via è aperta. Rimette tutto all’uomo. Perché se <<tu puoi>>, è anche vero che <<tu puoi non>>.

Non vedete ?”

Solo ebraico

“Sì, lo vedo. Vedo benissimo. Ma voi non credete che questa sia legge divina. Perché ne sentite l’importanza?”

“Ah!” disse Li. “Era molto che volevo dirvelo. Anzi ho previsto le vostre domande e mi sono ben preparato.
Ogni opera che abbia influenzato il pensiero e la vita di innumerevoli persone è importante.
Orbene, ci sono molti milioni nelle loro sette e nelle loro chiese che sentono l’ordine: <<Abbi>> e accentuano il fattore obbedienza.
E ci sono milioni, anche più di quegli altri, che avvertono un senso di predestinazione in <<tu avrai>>. Niente di quanto possono fare può influire su quello che sarà.

Invece, <<tu puoi>>!
Diamine, questo sì che fa grande un uomo e gli dà la statura degli dei, perché, nella sua debolezza e nella sua bassezza e dopo l’assassinio del fratello,
tuttora egli ha la grande scelta. Può scegliere la sua strada, percorrerla lottando e vincere.”

La voce di Li era un canto trionfale.

Adam disse: “Ci credete, Li?”.

“Sì, senz’altro. E’ facile per pigrizia o per debolezza gettarsi in grembo alla divinità e dire: <<Non potevo farci nulla, la via era prestabilita.>>.
Ma pensate alla gloria della scelta ! E’ questo che fa di voi un uomo.
Un gatto non ha scelta, un’ape è costretta a fare il miele. Qui non c’è spiritualità.
Lo sapete che quei vecchi signori che stavano per morire tranquillamente sono ora talmente interessati che non vogliono più morire?”

Adam disse: “Volete dire che quei cinesi credono nel Vecchio Testamento?”.

Li disse: “Quei vecchi credono a una storia vera e ne riconoscono una a prima vista. Sono critici della verità.
Sanno che questi sedici versetti sono una storia dell’umanità di qualsiasi epoca, civiltà o razza.
Non credono che un uomo scriva quindici versetti e tre quarti di verità e menta con un solo verbo.
Confucio insegna agli uomini come si deve vivere per avere vite buone e ben riuscite.
Ma questa… questa è una scala per arrampicarsi fino alle stelle”.
Gli brillavano gli occhi. “E non la potete perdere mai. Taglia le gambe a tutta la debolezza e la vigliaccheria e la pigrizia di questo mondo.”

Adam disse: “Non capisco come abbiate potuto far da cucina e tirar su i ragazzi e occuparvi di me e fare anche tutto questo”.

“Nemmeno io” disse Li. “Ma mi faccio le mie due pipate il pomeriggio, né una più né una meno, come quei vegliardi.
E sento di essere un uomo. E sento che un uomo è una cosa importantissima, forse più importante di una stella.
Questa non è teologia. Non ho nessuna inclinazione per gli dei. Ma c’è in me un nuovo amore per quel fulgido strumento che è l’anima umana.
E’ una cosa splendida e unica nell’universo. E’sempre assalita e mai distrutta perché <<tu puoi>>.”

 

Se Dio vuole (Dio ?) la Bibbia che leggo e annoto da anni traduce :

“Tu puoi dominarlo !”.

I saggi cinesi di San Francisco, John Steinbeck e le Edizioni Paoline concordano :

per loro e per me, anche se non per tutti, “Timshol” significa “Tu puoi”.

 

Se dovessi scegliere una immagine che esprime tutta la forza e le verità di questo “Tu puoi” non avrei dubbi :

PietroCristo

 

 

 

15 Responses to “Timshol (o Timshel) : la parola che può cambiarti la vita.”

  1. Nella Zanotti says:

    carissimo Franco, grazie, non so dirti di più.
    Il mio pensare e fare da sempre, lo sai, coincidono con la tua scelta.
    E non è facile oggi, per me, trovare condivisione.
    Anche per questo il tuo scritto è stato per me un regalo.
    Un abbraccio

  2. gio says:

    Sì mi tocca molto questo aspetto della possibilità, che di per sé è potere. E’ come se rimettesse in gioco proprio l’idea di potere, che noi associamo quasi sempre con un’idea negativa. Potere è sinonimo di “usato male”, “abusato”. Invece è come se la Scrittura ci rimettesse nelle mani questo come un dono: tu puoi. Come se venisse rigirata a noi l’antica domanda: “Maestro, se tuo vuoi puoi guarirmi”, in una controdomanda: “Io lo voglio, ma tu lo vuoi?” Questo potere che ci viene ridonato anche nel decadimento fisico sotto forma di significati – al declinare del giorno siamo sempre meno liberi fisicamente ma sempre più responsabili del significato che abbiamo dato o non dato a tutto il viaggio – mi fa pensare alla nostra pretesa di libero arbitrio. Non ricordo chi ma qualcuno disse che l’uomo ha sempre disperatamente cercato di evitare il libero arbitrio.
    E lo vediamo moltissimo attorno a noi.
    Abbiamo un sistema laico più religioso (cioè che ri-lega) della Chiesa stessa. L’uomo non crede nell’aldilà magari, ma nel sesso sempre e comunque crede fermamente. Non crede a ciò che non vede, ma alle promesse di vincite alle scommesse, nelle borse di tutto il mondo, nelle speculazioni possibili crede sempre. Un uomo che volesse il ilbero arbitrio davvero non si farebbe tutti questi dei cui obbedire così ciecamente.
    Così, caro Franco, questo tuo scritto mi risveglia, mi riporta a me stesso, al mio essere stupidamente, imperdonabilmente dormiente. Al mio aver accettato di non potere. Di non potermi separare da ciò che non è me. Questo è il punto: ciò che non sono io e che è solo l’ipnosi collettiva che ci avvolge e ci ammaestra. Perché nel tu puoi di cui parli secondo me è nascosta una parola semplice: tu puoi… essere quello che semplicemente sei. Senza limiti, senza giudizi, senza riserve. Tu puoi è l’inizio di un viaggio di cui stasera davvero ringrazio anche te. un abbraccio. gio.

  3. Franco Bellino says:

    Che bello, Gio !
    Mi ci vorrà qualche ora per leggerti con calma, per riflettere e per capire fino in fondo.
    Ma quello che tu mi regali : leggere e poi portare molto più avanti e più a fondo
    la piccola idea che cerco di condividere, regala un senso a queste mie giornate
    anche nel decadimento fisico – al declinare del giorno

    Che poi, siamo sinceri : questo ‘decadimento fisico’ è ancora sopportabile
    se riesco ad arrampicare per ora, ogni volta che esco, gli 81 scalini
    che mi riportano in cima al palazzo sul Canal Grande
    e ‘il declinare del giorno’ con tramonti che ancora oggi rallegrano Tiepolo lassù
    è una gioia così intensa che vorrei condividerla,
    oltre che con Giovanna e con circa 27 milioni di turisti in un anno,
    anche con amici come te, Giovanni.
    Franco

  4. Franco Bellino says:

    Un passo avanti.
    Senza riferimento agli Alpini.
    “L’unico modo per andare avanti è andare avanti.
    Dire : “posso farlo” anche quando sai che non puoi.

    Stephen King

  5. Franco Bellino says:

    Più sopra ho scritto “senza riferimento agli Alpini”
    perché gli Alpini
    hanno un bellissimo modo per dire che un loro compagno non c’è più.
    Non dicono : “E’ morto”. Non dicono : “Non ce l’ha fatta”. Un Alpino ce la fa sempre.
    Dicono gli Alpini del loro compagno : “E’ andato avanti”.

  6. Franco Bellino says:

    “Tu puoi” – Timshol – illumina alcune righe che leggo e mi invitano a riflettere.

    In una bellissima intervista di Antonio Gnoli, pubblicata su “Repubblica” il 9 agosto 2015, Haim Baharier dice :

    “Dio arretra per fare posto all’altro. Del resto nella tradizione ebraica lo shabbath è il settimo giorno, quando appunto Dio si ritira …
    Il mondo nel quale la vita si svolge è ateo. Ed è questa “assenza” di Dio che fonda la libertà.
    Quando chiesero a Elia Di Vilna – un rabbino lituano del ’700 – dove era Dio, rispose :
    di Dio non si può dire nulla, neppure che esiste.”

    Circa 4.000 anni prima un testo indiano – il Rg Veda X, 129 –
    dice più o meno la stessa cosa concludendo però con un tocco di cosmico umorismo :

    In quel momento non vi era né l’esistente, né il non-esistente.
    Non vi era aria, né il cielo che è al di là.
    Che cosa conteneva? Dove? Chi proteggeva?
    C’era l’acqua, insondabile, profonda?
    In quel momento non vi era né la morte né l’immortalità.
    Non vi era segno della notte, né nel giorno.
    L’Uno respirava, senza respiro, con il suo stesso potere.
    Oltre a quello non vi era nient’altro.
    In principio vi era oscurità nascosta da oscurità;
    indistinguibile, tutto questo era acqua.
    Ciò che era nascosto dal vuoto, l’Uno, venendo in essere,
    sorse attraverso il potere dell’ardore.
    In principio il desiderio venne prima di tutto,
    che fu il primo seme della mente.
    I saggi che cercavano nei loro cuori con saggezza
    scoprirono il legame dell’esistente con il non-esistente.
    La loro corda fu estesa attraverso:
    che cosa c’era al di sotto e che cosa c’era al di sopra?
    C’erano portatori di semi, c’erano poteri;
    vi era energia al di sotto, e impulso al di sopra.
    Chi lo sa veramente? Chi può qui dichiarare
    da dove è stata prodotta, da dove viene la creazione?
    Dalla creazione di questo universo gli Dei vennero successivamente:
    chi allora sa da dove ciò è sorto?
    Da dove questa creazione sia sorta,
    se lui l’ha fondata oppure no:
    lui che la sorveglia nel più alto dei cieli,
    lui solo lo sa, o forse non lo sa.

    Lui solo lo sa. O forse non lo sa.
    Ma tu lo sai : Tu puoi.

  7. Geronimo disse al presidente americano Theodore Roosevelt :
    “Grande Capo Bianco, tu sei alla guida di una nazione potente. Io rispetto la tua autorità.
    Ma tu sai che anche la più potente delle nazioni non potrà mai avere la forza di un uomo solo.”.
    “Tu puoi” : Geronimo l’aveva capito.

  8. Mi scrive “I”: un’amica che ancora non conosco :
    L’avevo letto e riletto non so quante volte – ridotto nella Selezione Readears Digest – in terza media (1961-1962);
    quindi a 16 anni avevo acquistato su una bancherella il testo completo, letto e riletto; poi ho perso tutto.
    Ho quindi ritrovato su una bancherella: la III ristampa Oscar Mondadori, del gennaio 1975.
    Credo di averlo riletto tutto almeno un paio di volte.
    In questa edizione, quanto hai riportato si trova nel capitolo XXIV (sottocapitolo 2); da pagina 347 a 352.
    Oggi avevo appena riletto proprio questa parte e cercavo se c’erano traduzioni varie…
    Per me è stata una guida per tutta la mia vita (e ancora oggi).
    Se può esserti utile, potrei farti scansioni…
    Cordialmente,
    I.

  9. Franco Bellino says:

    Tu puoi scegliere.
    Vivere o morire.
    Ogni respiro è una scelta.
    Ogni minuto è una scelta.
    Essere o non essere.

    Chuck Palahniuk

  10. Franco Bellino says:

    Anche l’ignoranza ha i suoi vantaggi.
    In altri tempi, nemmeno poi tanto lontani, sarei forse finito sul rogo.
    Oggi invece la mia ignoranza mi fa per caso scoprire concordanze di pensiero su un tema –
    la libera volontà di ognuno di noi (sono io che decido del mio destino),
    o la predestinazione (il mio destino è già stato deciso)
    o la necessità della Grazia (il mio destino dipende da altri) –
    che è già stato approfondito e appassionatamente dibattuto da migliaia di persone per secoli e secoli.
    Solo che io non lo sapevo.
    E’ il caso di Pelagio, nome latinizzato di Morgan, nato in Britannia nel 360 e morto in Palestina nel 420.
    Monaco cristiano e teologo, Pelagio arriva sedici secoli fa anni fa alle identiche conclusioni
    del “Tu puoi” di cui ho a lungo scritto qui sopra.

    Ecco la sua lettera a Demetriade, nobildonna romana :

    « Pur avendolo creato debole e inerme esteriormente, Dio creò l’uomo forte interiormente, facendogli dono della ragione e della saggezza,
    e non volle che fosse un cieco esecutore della sua volontà, ma che fosse libero nel compiere il bene o il male.
    Se ci pensi bene, ti apparirà evidente come, proprio per questo, la condizione dell’uomo sia più alta e dignitosa, dove sembra e si crede invece più misera. Nell’essere capace di distinguere la duplice via del bene e del male, nella libertà di scegliere l’una o l’altra sta il suo vanto di essere razionale.
    Non vi sarebbe alcun merito nel perseverare nel bene, se l’uomo non avesse anche la possibilità di compiere il male.
    Per cui è un bene che possiamo commettere anche il male; perché ciò rende più bella la scelta di fare il bene…
    Fà dunque che nessuno ti superi nella vita buona e virtuosa: tutto questo è in tuo potere e spetta a te sola,
    poiché non ti può venire dal di fuori, ma germina e sorge dal tuo cuore ».

    Agostino non era per nulla d’accordo, io invece ammiro e condivido.

  11. Dalle stelle alle stalle :

    TU PUOI.
    dice la Bibbia.

    IO POTREI
    Si legge sui muri dei cantieri a Milano.

    IO PUO’
    disse il mitico Presidente di una squadra di calcio.

    “C’è chi può e chi non può. Io può.” è la monolitica citazione completa.

  12. dal sito : Timshellfarm.com
    un interessante analisi del rapporto tra il brano di Genesi 4.7
    e il testo e le intenzioni di John Steinbeck nel creare “La Valle dell’Eden”.

    Tu puoi !

    Timshel (“Thou Mayest”)
    John Steinbeck’s Midrash on Cain and Abel
    The best midrash on the story of Cain and Abel was not written by an eminent Talmudic scholar or a medieval rabbinic sage, but by a 20th century author born right here in Salinas. I am, of course, referring to John Steinbeck’s East of Eden.
    Midrash is the process of interpreting and explaining the biblical text developed by the rabbis of the Talmud. Their midrashim can be found in the Talmud and were also collected in various anthologies. But the process of midrash continued throughout the centuries and continues today.
    And although John Steinbeck probably was not aware of the term, he was indeed engaging in the process of midrash when he wrote East of Eden. Reflecting on this work, Steinbeck said “I believe that there is one story in the world, and only one . . . . Humans are caught—in their lives, in their thoughts, in their hungers and ambitions, and in their avarice and cruelty, and in their kindness and generosity too—in a net of good and evil… and it occurs to me that evil must constantly respawn, while good, while virtue is immortal.”
    Steinbeck was well-versed in the Bible and was particularly drawn to the story of Cain and Abel, and to one word within that story: timshel. This word occurs early in the story. Cain, a tiller of the soil, brings an offering to God of the fruit of the soil. Abel, a shepherd, offers God “the choicest of the firstlings of his flocks.”
    God pays heed to Abel’s offering, but not to Cain’s. The text does not explain why, perhaps because it is obvious: Abel’s was the choicest of his flocks, while Cain’s was just ordinary fruit. This is the first of many times that God plays favorites between brothers.
    Cain is distraught at God’s response, and God, notices Cain’s despair. “Why are you distressed, and why is your face fallen?” God asks. “Surely, if you do right, there is uplift. But if you do not do right, sin couches at the door. Its urge is toward you, but you can rule over it.”
    These last words caught Steinbeck’s attention. Not satisfied with relying on English translations, he consulted the Jewish scholar Louis Ginzberg about the Hebrew text, specifically about the word which he renders timshel.
    There is a difficulty rendering this word in transliteration. When it stands alone, it is pronounced timshol, with a long “o” in the final, accented syllable. But in this passage, as often happens in Hebrew, the word is connected to the word that follows, and therefore loses its accent. So, instead of a long “o” the vowel is reduced, and the word is most correctly pronounced timsh’l. Steinbeck chose to render this sound with an “e” and the word is usually pronounced timshel.
    But Steinbeck was not so much interested in the pronunciation as he was in the meaning of the particular grammatical form. It is, in fact, second person imperfect, which refers to an act that has not yet occurred. And, as often is the case in Hebrew, it has a variety of meanings.
    In East of Eden, the source of information about this word is the Chinese servant Lee. He recalls that when Samuel had read the Cain and Abel story to the family, Lee was intrigued by it, and examined it “word for word” (p. 346). He consulted a couple of translations, the King James and the American Standard, and was not satisfied with them.
    King James translates the phrase, “thou shalt rule over him” as if to “promise that Cain would conquer sin.” (p. 346)
    The American Standard, on the other hand, says “Do you rule over him,” which is not a promise, but an order. Lee decided that he needed to find its original meaning.
    Lee explains that he went to San Francisco, to his family association to consult with the revered sages. He discussed the text with four of these sages, all of whom were over 90 years of age. The engaged a rabbi to teach them Hebrew, and then, when they had learned more than the rabbi, another rabbi was brought in. Two years later, they were ready to tackle the verse in question.
    Their conclusion: the word timshel should be understood to mean “thou mayest rule over it.”
    Lee explains to his family why the King James and American Standard translations are inadequate and why the Hebrew is so important: The “word timshel—‘Thou mayest’—that gives a choice. It might be the most important word in the world. That says the way is open. That throws it right back on a man. For if ‘Thou mayest’—it is also true that ‘Thou mayest not.’” (p. 349)
    Lee continues, “’Thou mayest’… makes a man great, that gives him stature with the gods, for in his weakness and his filth and his murder of his brother he has still the great choice. He can choose his course and fight it through and win.”

    Steinbeck wants to emphasize that we human beings have free will, that we may choose good or choose evil, that we may rule over sin, or not. And while this interpretation is consistent with biblical thinking on the matter, it is not the only way to understand the text. As I said, the particular grammatical form has a variety of meanings; Steinbeck is entitled to embrace one and use it throughout his novel, but he oversteps when he tries to show that it is the original, and therefore only justifiable, rendering of the term.
    But it is more than Steinbeck’s interest in this word that makes East of Eden such a great midrash. Rather it is how he tells his story to reflect the themes of the biblical text. The story focuses on Adam Trask and his younger half-brother Charles. Steinbeck chooses the same initials, A and C for the brothers who will play out the story of Abel and Cain in their lives.
    One day when the two brothers are playing a game called peewee and Adam is winning, Charles suddenly attacks his brother hitting him repeatedly with the bat, knocking him unconscious. Although he does not die, as Abel does in the Bible, there is the implication that Charles has indeed mortally wounded Abel. Shortly thereafter, when the boys are fighting again, we are told that “Adam looked at his brother as the condemned look hopelessly and puzzled at the executioner.”
    As brothers often do, Adam and Charles compete for their father’s affection. And Charles perceives that his father loves Adam more. He recalls the birthday when he bought his father a beautiful knife. “Where’s that knife,” Charles laments, “I never even saw him hone it… What did he do with it? … You brought him a mongrel pup you picked up in the woodlot…That dog sleeps in his room. He plays with it while he’s reading. He’s got it all trained. And where’s the knife?”
    Just as God pays heed to Abel’s offering, but not to Cain’s, Cyrus Trask –at least in the mind of Charles—pays heed to Adam’s birthday offering, but not to Charles’s. And so Adam suffers another beating at the hands of his brother.
    And shortly thereafter, Charles receives his “mark of Cain.” He is working on the farm one day, clearing rocks from the land, when a he encounters a large boulder. Never one to back down to a challenge, he desperately tries to pry it loose with an iron bar, but when the bar slips, its upper end smashes against his forehead, knocking him out and leaving him with a large torn welt that will turn into a permanent scar. In a letter to his brother, Charles writes, “It looks…like somebody marked me like a cow…. I don’t know why it bothers me…. It just seems like I was marked.”
    In the biblical story, Cain complains that his punishment of being banished from the soil is too much, and that he would become a restless wanderer; protected with the mark of Cain, he settles east of Eden. Steinbeck has Charles settle on the family farm, while Adam becomes a wanderer, which turns out not to be the awful fate that Cain imagines it would be.
    Throughout the book we are introduced to characters who cannot overcome their proclivity to sin and evil. Charles is the first, but the most important is certainly Cathy Ames. In Jewish terms, we would say that Cathy never develop a yetzer tov, a good inclination, and therefore her innate yetzer ra was allowed to run rampant destroying everyone and everything that got in her way.
    It is not a coincidence that Steinbeck chose the name Cathy, with a “C,” because like Charles, she is another incarnation of Cain, committing the most heinous of sins throughout her life. If Steinbeck believes that we can indeed rule over sin, Cathy is an example of someone who does not. In fact, she is portrayed as being incapable to choosing anything but evil.
    Finally, we are introduced to another generation of Cain and Abel, Adam’s son’s Cal and Aron. They, too, struggle with each other, as brothers do. At one point, when Aron has disappeared, Adam asks Cal, “Do you know where your brother is?” Cal replies, “How do I know? … Am I supposed to look after him?” Like Cain, Cal denies responsibility for his brother.
    To make a very long story short, Aron runs away and enlists in the Army, and is killed in fighting. But this time, as we approach the end of the book, someone accepts responsibility.
    Cal speaks to his dying father: “I did it … I’m responsible for Aron’s death and for your sickness. I took him to Kate’s I showed him his mother. That’s why he went away. I don’t want to do bad things—but I do them.”
    At the end of the novel, Lee begs for Adam to give Cal his blessing. “Don’t leave him alone with his guilt…Let him be free.” And Adam, as he is dying, whispers one word: “Timshel!” He thus affirms that Cal has indeed, by accepting responsibility, demonstrated that he is capable of ruling over sin.
    East of Eden is a literary masterpiece in which we see the story of Cain and Abel replayed in the lives of two generations of Salinas Valley families. Steinbeck demonstrates the powerful themes of this biblical story, and their contemporary relevance. We should not read the biblical words, without reflecting on Steinbeck’s lesson that we, indeed, can rule over sin if we choose to do so.

  13. Sara says:

    Emozionante leggerti. Forse più nel rileggerti, alla ricerca, tra le pieghe delle parole del senso vero e della portata dei tuoi pensieri. Nel potere e nel poter scegliere c’è forse la scintilla del divino, quel qualcosa che ci fa pensare di poter essere realmente gli artefici del nostro destino. La ragione in primis, poi la volontà, i valori, il nostro credo e i comportamenti agiti. La vita tuttavia è fatta di casualità: “Sliding doors” è il titolo di un film dove il corso della vita cambia se varchiamo o meno delle porte scorrevoli. Il destino, come siamo soliti chiamarlo, muta a volte rapidamente. E come scriveva Stefano Benni: «Magari qualcosa, una moneta che cade, un piccolo braccialetto che si impiglia alla maglia di qualcuno, uno scontrino che scivola via, cambia il destino di una persona. E quella persona, per un piccolo, banalissimo gesto, non farà più le stesse cose che avrebbe fatto invece se quel gesto non si fosse verificato. E la sua vita prende un altro binario. Magari per sempre. Magari per un po’ soltanto. Chissà.». Scelta, caso o destino? È il quesito che agita da sempre l’essere umano davanti alle coincidenze della vita. Quando sfioriamo una tragedia o quando ci accade qualcosa di straordinario non sembriamo avere spiegazioni razionali. Forse non si tratta di destino in senso assoluto, ma della nostra capacità di assecondare ciò che sta per accadere, in forza delle vibrazioni o delle intuizioni che abbiamo, lasciando che siano le percezioni a condurci. Un movimento del capo, una parola sussurrata, il movimento delle mani, un incontro casuale. Dove finisce la realtà arriva l’immaginazione. E, come scriveva Theodor Adorno, “la libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta.”

  14. Niccolò Maddalin Chiaffoi says:

    Buongiorno Franco!
    Fantastico, e capita anche a fagiolo!
    Ultimamente, senza una ragione apparente mi sono affacciato al concetto di libero arbitrio :
    non gli ho mai dato una grande importanza e invece cambia drasticamente il senso di tutte le cose.
    Mi sembra di vivere in un mondo completamente diverso da quello di prima perché
    accettando questo significa anche accettare il fatto di essere amici e nemici di noi stessi
    e di conseguenza i diretti responsabili del mondo che ci circonda.
    Grazie per la condivisione.
    Niccolò

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