SIC inventa il Cinema. E forse lo salva. Stasera.

SIC sta per “Scrittura Industriale Collettiva”.

 

Significa che molti autori creano tutti insieme un romanzo.

 

A me sembra l’invenzione del Cinema. Non solo : penso che questa invenzione,

 

se proposta a geniali giovani registi, potrebbe persino salvare il cinema.

 

Stasera da Valentina ne saprò di più.

 

 

 

Sarà capitato anche a te.
Il film è appena finito. Scorrono i titoli di coda. I più maleducati, prostata debole o eccesso di lassativi presumo,
si alzano, ti si strofinano addosso, ti pestano i piedi, ti ostruiscono la vista dello schermo.
Loro DEVONO uscire, anche se le luci in sala sono ancora spente.

A volte (non abbastanza spesso, purtroppo) inciampano o ruzzolano giù per gli scalini. 

Io rimango seduto e vedo scorrere sullo schermo decine, centinaia di nomi e so che tutti hanno creato quel film.
Ogni volta penso : “Madonna ! quante persone lavorano per fare un film !”.

Stasera andrò da Valentina – non solo raffinata libraia, ma preziosa e spero insostituibile animatrice culturale qui a Siena –
per la presentazione di un libro che è stato scritto da alcune decine di persone. 114 dice l’invito.

Il libro non l’ho ancora letto.

Del metodo di scrittura collettiva puoi scoprire tutto a questo link :

                                             quattrocentoquattro.com

 

SIC per me è un progetto geniale perché inventa per la Letteratura il Cinema.

E’ geniale perché questo metodo potrebbe persino salvare il Cinema italiano,
irrimediabilmente ammalato di protagonismo, di auto-referenzialità, di velleità artistiche
(“arty” si direbbe a New York con sottile perfidia,
perché “arty” sembra un apprezzamento ed è invece la più feroce delle stroncature).

Un cinema il nostro che è scriversi addosso, filmarsi addosso. Senza pannoloni a salvare il salvabile.

Un cinema dove spesso l’Autore (maiuscolo, mi raccomando) è convinto che solo lui – e lui da solo – può ideare una storia.
Poi solo lui – e lui da solo – sa scriverla.

Che autori minori come Scott Fitzgerald e Philip Roth abbiano lavorato in simbiosi con un “editor” non gli suggerisce nulla.

Ovviamente il nostro Autore pensa che nessuno meglio di lui – e lui da solo – può sceneggiare la sua storia.
Poi deve dirigerla : il regista sono io. Se posso, sono io anche il protagonista.
Io giudico i ‘giornalieri’, io scelgo le buone, io monterò, io troverò, ma se posso comporrò, le musiche.

Io .. io .. Dio.

E invece no. Nel cinema, quello vero, quello serio, quello onesto –
onesto con se stessi, con chi ci mette i soldi per farlo e con chi paga per andare a vederlo – nel cinema non è così.

Un film (le stesse parole le leggo nel sito della SIC) è un progetto dove tutti fanno tutto.

Tutti partecipano, o dovrebbero partecipare, a tutte le parti dell’opera.

Già mi sembra di sentire uno dei miei amici, ‘film maker’ amano chiamarsi, che obietta :
“Sì, vabbè .. posso anche usare dei professionisti, ma il vero Autore sono io.”

“Usare” ? ! ?

Un po’ meno presunzione, un po’ più di umiltà.

Scopriresti allora, caro amico, che un film nasce spesso da un’opera letteraria.
Non è necessario che te la scriva tu : puoi trovarla già fatta.
E’ necessario però che sia una storia grande, forte, capace di coinvolgere.

Poi scopriresti che al soggetto di un film spesso lavorano più scrittori di cinema (scriptwriters)
e non necessariamente lo scrittore di quella storia, anche se è un nome di fama mondiale. Come scrittore.

 

Poi magari altri lavorano a trasformare il soggetto in sceneggiatura.

A volte interviene persino chi si occupa soltanto dei dialoghi.

Naturalmente in qualche punto di questo itinerario interviene anche chi ci mette i soldi.
Ed è raro che chi investe milioni di Euro non abbia qualcosa di fondamentale da dire, da chiedere, da suggerire.

I personaggi della storia richiedono la scelta degli attori : c’è un casting director.
Il suo mestiere, la sua arte è proprio questo : trovare le facce giuste, e disponibili, proprio per quel personaggio.

Per le riprese in esterni lavora qualche mese un location-scout.

Per gli interni c’è uno scenografo. A coordinare il tutto un Art Director.

Poi rifletti : un abito, un abito da solo, può aiutare un attore  a costruire una interpretazione. Quindi c’è il costumista.

Ma una ruga in più o in meno, una guancia gonfia (Brando nel “Padrino”), un sassolino in una scarpa (non ricordo il nome,
ma un attore ha girato per settimane con un sasso nella scarpa per rendere più credibile la sua zoppia),
un taglio di capelli (Anne Hathway ne “Les Miserables”) possono suggerire una interpretazione agli attori,
una inquadratura al regista, una luce al Direttore della Fotografia.

Già, il Direttore della Fotografia (DOP) : una professione, anzi un’arte (“scrivere con la luce” dice Storaro)
per la quale siamo tra i migliori al mondo. Ma spesso il mio giovane regista, ops : ‘film maker’, chiedo scusa – dice :
“ Le luci me le faccio io, in macchina ci sto io…”.

Fasso tuto mì.

Mi sto dilungando. E non ho ancora parlato di operatori, elettricisti, macchinisti,
non ho parlato di montaggio, di colonna sonora, effetti sonori e speciali, mix ….

Aggiungo solo che persino nel Cinema – in questa grande esperienza di lavoro stupendamente e inevitabilmente collettivo –
a volte si potrebbe fare di più.

Si potrebbe coinvolgere i vari specialisti anche al di fuori delle loro specialità.

Per esempio avere sempre il DOP sia ai casting che alla scelta di location e scenografie.

Avere sempre musicista ed editor, il prima possibile e il più spesso possibile. Anche quando non si parla di musica o di montaggio.

E ancora e ancora e ancora … tutti insieme appassionatamente.

Spero sinceramente che questo mio inizio di dialogo stimoli molti altri a intervenire :

criticare, correggere, migliorare, contribuire con  il proprio pensiero scrivendo i propri commenti qui sotto.

Così avremo anche noi fatto qui un po’ di SIC !

 

9 Responses to “SIC inventa il Cinema. E forse lo salva. Stasera.”

  1. Ineluttabile e puntuale come una cartella delle tasse, mi arriva pochi minuti dopo aver postato il testo qui sopra, la puntualizzazione
    di un giovane film maker che obietta : “Non è vero che io voglio fare tutto da solo. La verità è che quasi mai io ho i soldi per pagarmi i professionisti che vorrei “.
    Mi chiede il giovane talento di non firmare questo suo intervento, proprio lui che se potesse firmerebbe ogni singolo foglietto della carta igienica.
    Tu capisci, mi dice. Non capisco, ma obbedisco. Però dico che non è vero.

    Tutte le volte che negli ultimi 50 anni io ho avuto bisogno dei migliori professionisti, se l’idea alla quale proponevo di collaborare era buona, li ho avuti gratis.
    Ho vinto premi a Venezia e a Cannes con spot girati praticamente a costo zero.

    Solo tre mesi fa ho fatto ideare agli studenti del professor Masini qui all’Università di Siena uno spot per superare il Digital Divide.
    Gli studenti hanno lavorato duro, come veri professionisti e hanno creato dei bellissimi mini-film. Li hanno presentati a Canale3Toscana,
    la più grande Emittente televisiva sul territorio.

    Ebbene : Canale3Toscana è disposta a girarne uno e poi a metterlo in onda gratis.
    Il regista Francesco Bicci lo gira gratis.
    Direttore della fotografia, operatore alla macchina e mini-troupe, ‘mini’ però con luci, trucco-e-parrucco e fonico per la presa diretta sono pronti a lavorare gratis.
    La compagnia teatrale “La Sveglia” ci fornisce protagonisti e comparse, compresi gli abiti di scena, gratis, sia per le prove, che per le riprese, che per l’eventuale doppiaggio.
    La location è gratis e abbiamo gratis anche i piccioni ammaestrati e il loro ‘domatore’.
    Tutti felici (i piccioni non so, ma credo di sì perché lo script prevede che mangino a crepapelle)
    di lavorare gratis perché tutti si sono innamorati dell’idea dei miei studenti, perché li stimola e li diverte essere protagonisti di questa storia.

    Mi chiederai : posso vedere lo spot ?
    No, perché non lo abbiamo ancora girato.
    E come mai non l’abbiamo girato se tutti hanno offerto la loro piena disponibilità, senza chiedere un solo centesimo,
    anzi offrendosi di coprire ciascuno le proprie inevitabili spese ?
    Non l’abbiamo girato perché gli studenti si sono dati.

    Finito il lavoro creativo, quello che si fa in aula, ottenuti i crediti (con un doveroso supplemento perché “Franco ci fa lavorare sul serio!”),
    ognuno ha abbandonato il film che pure aveva contribuito a creare e sceneggiare.
    Per molti studenti presentarsi ad un futuro datore di lavoro dimostrando di aver creato e poi girato e poi finalizzato un vero film,
    sia pure breve come uno spot, in fondo non è così importante.
    Aver lavorato sul serio, poter dimostrare che si è capaci di fare concretamente qualcosa di buono, forse non serve a trovare un lavoro,
    mentre assai di più invece serve una conoscenza approfondita della metafora, della prolessi e dell’analessi.

    Prolasso o catalessi ?

  2. A conferma della straordinaria – e con i tempi che corrono, quasi incredibile – disponibilità
    di Virginia Masoni, Francesco Bicci e di tutto Canale3Toscana
    di lavorare assolutamente A GRATIS ! per lo spot ideato dagli studenti del professor Maurizio Masini,
    ricevo e sento il dovere (e il piacere!) di pubblicare
    la mail che mi ha appena scritto il regista dello spot :

    Caro Franco,
    in queste settimane ho contattato amici e conoscenti che credevo potessero contribuire alla buona riuscita del video.
    Un secondo operatore valido, un tecnico audio, un amico appassionato (come me) di fotografia
    che potesse mettere a disposizione una certa varietà di buoni obiettivi e attrezzature
    per realizzare lo spot con la professionalità e dignità che si merita.
    Persone che non lavorano a Canale 3, ma felici di prestarsi.
    Anche se non mi sono più fatto sentire ho buttato giù uno storyboard illustrato
    e girato ‘mentalmente’ lo spot diverse volte.
    Ma mi sembra di capire che a questo punto le sorti del progetto
    siano quantomeno incerte; peccato.
    La mini troupe rimane comunque a disposizione !

  3. Mario Ghisalberti says:

    Carissimo Franco,
    condivido appieno le parole qui sopra di Francesco :

    Ma mi sembra di capire che a questo punto le sorti del progetto
    siano quantomeno incerte; peccato.
    La mini troupe rimane comunque a disposizione !

    …. anche LA SVEGLIA !

    Ti abbraccio
    Mario

  4. Franco Bellino says:

    Beh, vista questa conferma, piena, commovente, emozionante
    di una disponibilità a costo zero
    sia di Canale3Toscana che degli attori de “La Sveglia”
    forse qualcuno, e non parlo del professor Masini, sommerso dai troppi impegni
    che la sua innata generosità gli impedisce di, se non proprio rifiutare, almeno razionare,
    forse qualcuno, troppo preoccupato dei crediti e troppo poco dei debiti
    (debiti verso se stessi innanzitutto e verso il proprio futuro che non sarà più di studio,
    ma dovrà essere di conquista disperata e feroce di un posto di lavoro retribuito e, se possibile, appassionante)
    forse qualcuno dovrebbe darsi una sveglia.
    Siamo tutti qui ad aspettare un segno di vita. O, come dicono in TV, “li abbiamo persi” ?

  5. maurizio says:

    Cari Amici e colleghi, mi sento in dovere di intervenire in qesto scambio di opinioni. Il comandante si deve assumere sempre le proprie responsabilità e in questo caso mi prendo le mie. Non ho avuto modo di portare o “far” portare a compimento il progetto (la differenza è sottile) che avevamo iniziato quindi è mio dovere fare in modo che questo riprenda e che si percorra “l’ultimo miglio” che ci separa dalla conclusione. Tenetevi quindi tutti pronti che a breve si riparte…

  6. gio says:

    Caro Franco, spero perdonerai l’intrusione di un … filmaker. Non di un regista, proprio di un filmaker. Uno cioè senza produzione, senza distribuzione, quasi senza troupe. Una volta Fellini riunì attorno a un tavolo 14 persone. E disse: voglio fare un film sui venticelli de Roma. Ne nacque La Dolce Vita. Erano 14 non 400, ma mi accontenterei. Bisogna però anche dire altro di Fellini. “E la nave va” comportò il fallimento di 5 case di produzione, naufragate sotto il peso della scafo. E così non si può più. La tua teoria secondo la quale le idee buone trovano sempre una produzione è un simpatico spot per l’ottimismo ma è smentita dai numerosi casi nei quali le buone idee sono state portate a termine senza nessuna produzione pur avendola cercata. E dai progetti molto forti ripresi a distanza di anni perché mai ascoltati. E di quelli meravigliosi… mai fatti. In più ci sono quelli scadenti, offensivi e inutili che invece il plauso delle produzioni l’hanno trovato.
    Tendenzialmente dopo una certa età viene l’idea che la vita sia una sola, che certe cose chiedono di essere fatte in un tempo che non può essere infinito. E quindi si fanno. Così come ci è dato di farle. Semplicemente. Senza nessuna rabbia, anzi con amore e con gratitudine per avere ancora – al momento – occhi che vedono e spalle che reggono una camera. E nient’altro. Ma la possiblità di guardare e di raccontare è già tutto quello che serve.
    Per me, lo scopo di raccontare storie è dire la verità. Per verità intendo la verità del mio sguardo, di quello che vedo.
    La verità possiede una caratteristica unica: la necessità di essere detta. E’ come bere o mangiare.
    Quindi ecco il mio pensiero: se il film che avete in mano dice la verità, fatelo. Semplicemente e senza supplicare nessuno. E senza aspettarsi soldi perché noi non veniamo pagati per mangiare o per bere. Se il film non dice la verità e nelle sue pagine non brilla la luce della necessità, ha ragione la vita a non desiderarlo.
    E’ molto semplice. E per niente facile.
    So che mi detesti, invece io stravedo per tutto quello ches crivi, come sai.
    Un filmaker.

  7. Franco Bellino says:

    Non solo non ti detesto, carissimo registrO, ma ti sono profondamente grato.
    Quello che scrivi è sacrosanto e voglio qui ripeterlo – riscriverlo – per chi ci legge,
    per i miei studenti di Siena e per chi si offre, gratuitamente ed appassionatamente,
    di realizzare il “loro” film :

    “ Lo scopo di raccontare storie è dire la verità …
    La verità possiede una caratteristica unica : la necessità di essere detta.”

    Adesso tocca a noi, a ciascuno di noi, capire se la nostra storia,
    il nostro progetto di comunicazione, ha la necessità di essere detto.
    E’ molto semplice. E per niente facile.

  8. Clizia says:

    Condivido la tua riflessione Franco…abbiamo avuto il piacere di farla anche di persona…devo dire che anche io sono passata dal ”faccio tutto io” al ”provo a fare insieme agli altri”…spesso fare da se é un modo per sperimentare se stessi in questa meravigliosa macchina chiamata cinema…ma come tutte le cose complesse…subentrano limiti e la consapevolezza di grandi difficoltà….collaborare é ancora piú dura….devi ritagliarti uno spazio e inserirti in questo enorme ingranaggio….all inizio é faticoso terribilmente. Ma quando ci riesci ti senti parte davvero di un mondo….meraviglioso….

  9. A proposito del fatto che su un set tutti sono ugualmente importanti.
    In Pubblicità negli anni d’oro era molto di moda chiamare a Milano o a Cinecittà registi inglesi e americani. A volte spagnoli.
    Questi professionisti esigevano, ovviamente, il ‘loro’ direttore della fotografia. ”Dop” americano o inglese, una volta anche giapponese.

    Giunto sul set però il DOP forestiero doveva rapportarsi con una troupe (elettricisti, macchinisti, assistenti, aiuti) ‘de Trastevere’
    o comunque non certo poliglotti.
    Ma più che problemi di lingua, c’era a monte un test di fiducia.
    Una prova che il mito d’oltre Manica o oltre Oceano doveva superare.

    La ‘prova’ avveniva di solito silenziosamente nella prima ora di lavoro, mentre si preparava la prima inquadratura.
    Il DOP inevitabilmente prima o poi doveva chiedere a un elettricista qualcosa tipo : “Per favore, mi abbassi di 10 il taglio di destra ?”
    Ed ecco : l’elettricista si arrampica sui praticabili, aggiusta la luce indicata secondo la richiesta del DOP e poi …
    e poi la rimette esattamente dove si trovava prima.
    A quel punto c’erano due seguiti della storia.

    Se il DOP diceva, senza incazzarsi, ma molto serio :
    “OK, abbiamo scherzato. Adesso per favore la sposti per davvero come cazzo ti ho chiesto !!!”,
    allora la fiducia della troupe era definitivamente conquistata.
    Da quel momento lui avrebbe potuto chiedere qualsiasi cosa
    e l’avrebbe ottenuta molto più rapidamente e molto meglio che con qualsiasi altra troupe nel mondo.

    Se invece il DOP diceva : “Ooooh, adesso sì che va bene!” ….
    beh, vorrei essere esentato dal raccontare come procedeva la produzione nelle ore successive.
    Confesso che io non ho mai assistito a questo secondo finale della storia.

    In compenso però mi è stato rivelato il segreto di uno dei più grandi DOP, giunto a Cinecittà dagli Usa.
    Mi confidò un giorno : “Sai come faccio se voglio davvero fregare un regista insopportabile ? Faccio esattamente quello che mi chiede”.

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