Guajian : il Netsuke nasce in Cina.

MIZU NO OTO

Questo titolo introduce uno “scherzo” in tre movimenti: la follia, l’amore e infine il suono d’acqua che provoca la rana tuffandosi nell’antico stagno.

La follia del collezionare

Ho sempre pensato che ci fosse una vena di sana follia nella figura del collezionista. Penso che si colleziona non per possedere, ma per sognare.
E so che la mancanza di qualcosa che si desidera è una parte indispensabile della felicità.
Lirico e geniale collezionista è per me Steven Wright che dice: “Io ho la più grande collezione di conchiglie. La tengo esposta sulle spiagge di tutto il mondo”.

Per la stessa follia da sempre ho deciso di collezionare solo oggetti di cui non esiste nessuna collezione al mondo. Gli “zanpar” tibetani. I “por” balinesi. I “kavad” e i “kurya” del Rajasthan. Gli anelli da arciere cinesi. I cavalieri Kotoko, più che sculture efficaci (?) terapie neuropsichiatriche. E infine i “guajian” (o zhuizi) cinesi.

 

C'est la vie primo Guajian

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I “guajian” in Italia nessuno li conosce. Nessuno li studia. Nessun antiquario li propone. Eppure ci sono guajan sparsi nelle collezioni di tutto il mondo quasi quante conchiglie sulle spiagge.

Ma i collezionisti collezionano solo i netsuke giapponesi. I netsuke tutti li conoscono, centinaia di testi monografici ne parlano, hanno un mercato internazionale fiorentissimo persino in questi anni di crisi. Eppure i netsuke giapponesi hanno degli antenati cinesi. Ma nessuno lo dice. Nemmeno i cinesi.

Aprile 2009, Roberto Gaggianesi, uno dei più  grandi esperti italiani di “netsuke” giapponesi, mi sfida: “Scrivi per il mio Bollettino qualcosa sui netsuke cinesi !”.

E’ una sfida perché a quella data esiste in tutto il mondo (testi cinesi a parte) un solo volume dedicato al tema ed è del 1962.

L’articolo che scrivo, provocatorio e irriverente, è come un sasso nello stagno del collezionismo mondiale. Lo intitolo infatti come l’haiku di Basho: Mizu no oto.

Pubblicato in Italia, provoca reazioni risentite e (per me) piacevolissime.

La più autorevole rivista internazionale “International Netsuke Society Journal” pubblica lo stesso articolo in inglese, mi chiede però di censurare i passaggi più arditi. Il corrispondente europeo ”Euro Netsuke” ospita addirittura una indignata reazione, firmata da un tale Frank O Witty, che nessuno per fortuna legge come una traduzione in inglese di Franco Bellino.

Ma quando “Quaderni Asiatici” mi chiede di parlare di questi oggetti, tenendo però un linguaggio consono alla serietà scientifica della rivista, qualcosa di fondamentale è nel frattempo successo.

Margaret Duda, diventata ora carissima amica, ha pubblicato il risultato di 11 viaggi in Cina e di quasi 10 anni di appassionata ricerca: un monumentale irrinunciabile volume di 272 pagine con oltre 1.500 splendidi fotocolor, tutto dedicato ai “guajian”:

Margaret Duda,

Traditional Cinese Toggles: Counterweights and Charms, 2011
Editions Didier Millet, Singapore, acquistabile su Amazon e Paragon a 95 dollari (o meno) più spedizione.

Questo volume è una tappa miliare e mi suggerisce quantomeno una rispettosa cautela. Che dire che non sia già detto ed anche illustrato meglio nel volume ?

Two waves front

photo by Paul Duda from Margaret Duda book

photo by Paul Duda from Margaret Duda book

 

 

 

 

 

Gli abiti più antichi non avevano tasche o poche. Le prime “tasche” erano piccole sacche o borse che pendevano dalla cintura o dal collo e contenevano utensili, denaro, tabacco. Una borsa rischia di scivolare via se il legaccio non è bene arrotolato oppure se non ha un suo fermo, un bottone che impedisce che la borsa scivoli fuori dalla cintura. In più se devo prendere qualcosa dalla borsa è semplice far scorrere il contrappeso e la borsa mi arriva a portata di mano. Camminando, ma soprattutto cavalcando, è importante avere le mani libere.

Ecco perché si pensa che in Cina questi contrappesi da cintura abbiano origine da popolazioni nomadi. Un nomade ha necessità di avere sempre a portata di mano attrezzi per mangiare, per accendere il fuoco, per cucire o per fumare. E i Mongoli erano nomadi che sotto la dinastia Qing divennero parte della Cina.

Ma molto prima di allora secondo Margaret Duda i primissimi esempi di guajian potrebbero risalire in Cina persino al 2.000 avanti Cristo. E poi ricorda che “Otzi”, la mummia trovata vent’anni fa sulle Alpi, aveva con sé un disco di pietra che potrebbe assai ragionevolmente essere stato usato come contrappeso da cintura.

Il volume di Margaret passa in rassegna, illustra e commenta uno per uno, “guajian” di legno, che vanno da radici o escrescenze di tronchi a piccole elegantissime sculture, e poi tutti i diversi materiali usati nei secoli: avorio, (di elefante, mammut, tricheco, facocero, ippopotamo, balena), denti o ossa di animali, corno, ambra, giada, pietre dure, pietre preziose, cristallo di rocca, ciottoli, conchiglie, metalli vari.

Riassumere un’opera così esauriente, scientificamente impeccabile e però vivificata in ogni sua pagina da profonda empatia e contagiosa emozione, sarebbe impossibile, inutile e presuntuoso. Mi attengo al saggio che dice: La differenza tra un genio e uno stupido è che il genio ha dei limiti.

Riconosco modestamente i miei limiti e proprio per questo posso invece proporre la parte che nemmeno Margaret Duda ha – saggiamente – osato affrontare. Cercherò di suggerire al Lettore dei motivi concreti per conoscere, studiare e forse persino iniziare a collezionare i “guajian” cinesi.

 

Nove ragioni per un amore irragionevole

 

Evitando il già noto, cercherò perciò di evidenziare solo le differenze tra i netsuke (sui quali ognuno che legge sa sicuramente più di me) e i guajian (sui quali ognuno che legge sa sicuramente più di me, ma non sa di saperlo).

placca retrolucchetto 2

 

 

1.Ogni studioso di Civiltà Orientali, ogni appassionato di Arte Cinese, persino ogni collezionista di netsuke dovrebbe possedere almeno un guajian. Non perché un guajian sia più bello, più prezioso, più ‘artistico’ di un netsuke. Ma per un motivo più semplice, più infantile forse.

Un guajian può offrire la sensazione fresca, primaverile e (almeno per chi scrive) ormai troppo lontana nel tempo, del primo amore.

Sembra poco, è tutto. Anche chi ormai di netsuke sa tutto, ha letto tutto, possiede il meglio e non sogna più nulla, può ritornare giovane: può riscoprirsi felicemente stordito e disorientato, immerso nei palpiti dell’alberoniano innamoramento. Non sarebbe tradire la passione di una vita. Sarebbe anzi, Carolina Invernizio docet, ravvivarla di una nuova fiamma.

2. I guajian sono meno estremi dei “netsuke”. Più umani. Non è necessario che tutto sia perfetto. Il realismo non si estenua in iper-realismo. L’umorismo non eccede nel grottesco. La ricerca della perfezione non arriva fino teorizzare il suicidio rituale. ‘Chinatown’ fa già parte della nostra vita; ‘Japantown’ non è ancora nata e forse c’è un motivo.
3. I guajian sono più coccolosi. Nascono per essere accarezzati. Rinunciano a molte bellurie e virtuosismi di intaglio per rimanere accarezzabili. Sono come un cucciolo: dipendono da noi. Non potresti mai abbandonarli  in una cassetta di sicurezza nella sala blindata di una banca. Se non vivono nella tua tasca, se non si patinano della tua pelle, soffrono. Fa questo esperimento: prendi in mano un antico guajian di legno. Chiudi gli occhi. Esplora con la punta delle dita i rilievi e gli incavi, le montagne e le valli. Assapora la superficie che secoli di carezze hanno reso come seta. Ti appare ora chiaro perché gli antichi sapevano che un guajian ha in sé, e ti da, verità profonda e promessa di salute e serenità.
4. Un guajian è un prezioso rimedio di Pronto Soccorso. Il Cinese ha sempre saputo che il simbolo ha la stessa efficacia della cosa in sé. Il simbolo di una medicina guarisce quanto la medicina stessa. E non ha effetti collaterali.

Molte piante e, per concentrazione, la loro radice che è sorgente ed origine dello spirito che abita in ogni pianta, hanno un ruolo fondamentale nella farmacopea dell’antica medicina cinese. Un guajian fatto di una radice medicinale in caso di emergenza si può rapidamente triturare, polverizzare, ridurre in cenere ed assumere in qualsiasi momento e in qualsiasi situazione. Poi arriverà il 118, ma intanto …

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16 punti di vista in 1 immagine

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5. I guajian sono elegantemente poverissimi. E’ come confrontare il ruvido saio di Francesco d’Assisi con i damaschi e i broccati e lo sfarzo un po’ lugubre (se pensi quanto è costato e soprattutto a chi è costato) dei prelati romani. Papa Francesco approverebbe.

6. I guajian ti intrigano, ti sfidano, giocano con te. Quasi sempre un guajian è molto più di quello che appare: è un rebus, un indovinello, un polisenso, una crittografia. E’ un segreto che solo voi due, tu e lui, conoscete e che vi isola dal resto del mondo. Un segreto che può anche essere piacevole condividere, se l’amore lo richiede, ma che difficilmente farà gola ad un ladro o ad un impaziente erede.

7. I guajian sono molto più rari sul mercato e nelle aste, molto più difficili da trovare. Oltretutto oggi in Cina si fabbricano migliaia di falsi netsuke e anche ormai falsi guajian. Quindi scoprirne uno, vero e antico e che ci piace, è ancora più emozionante.
8. I guajian sono molto più economici dei netsuke. Non escludono nessun corteggiatore. Con i guajian non diventerai mai ricco, non diventerai mai povero, diventerai quasi sicuramente migliore.
9. Un guajian quasi mai è firmato. Perciò è difficilmente databile. Spesso è di materiale povero, di rapida e rozza fattura. Non ha nella sua storia provenienza da collezioni famose né riferimenti bibliografici di prestigio.

Non c’è nulla – né il nome dell’artista che lo ha intagliato, né il nome del personaggio che lo ha indossato, né l’autorità dell’esperto che lo ha pubblicato in testi fondamentali, né il carisma e la fama adamantina dell’antiquario che te lo propone – non c’è nulla e nessuno a dirti se e quanto vale.

Con la dignità e la fierezza di chi non deve dimostrare nulla a nessuno, ogni guajian si affida solamente a te. Sei tu che decidi. Da solo.

Sei tu con la tua sensibilità,  il tuo occhio, il tuo intuito.. sei tu a decidere se amerai – se già ami – questo oggetto che vedi per la prima volta e che porterai forse con te, accarezzandolo, per sempre.

Con un guajian il tuo è un rapporto d’amore, assolutamente libero da ogni considerazione razionale o, peggio ancora, economica. E’, come deve essere, amore irrazionale e totale.

altro serpenteArcimboldo erettouno anzi tre serpenti

 

 

Come e dove vedere e studiare i guajian

 

I guajian vantano molto meno fonti bibliografiche e collezioni pubbliche e private dei netsuke. Questo non è l’ultimo dei motivi del loro fascino. Offrono a ciascuno di noi, all’alba del terzo millennio e senza limiti di censo o di età, l’emozione di avventurarsi in un territorio inesplorato e di fare, forse, emozionanti scoperte.

Poche, e a me ignote, le fonti cinesi. Mancano riferimenti bibliografici (citazioni in testi), riferimenti artistici (riproduzioni in dipinti o sculture), riferimenti archeologici (ritrovamenti in scavi documentati).

Non sono mai stati oggetti degni di studio: ciondoli realizzati spesso da dilettanti, per uso personale o per donarli a un amico, a volte per risolvere l’universale problema di fare un dono di nozze che costi poco, ma significhi molto. E’ il pensiero che conta, qui più che mai. E la materia. E la figura. Infatti per secoli il guajian è servito non solo come oggetto funzionale, contrappeso che ferma alla cintura accessori personali, ma anche come mezzo di comunicazione. Spesso è – per se stessi o per il destinatario di un dono – un augurio di buona salute, ricchezza, fortuna, successo negli esami, promozione e avanzamento di carriera, armonia coniugale, abbondanza di prole, eterna amicizia. E può essere anche medicinale d’emergenza, status symbol, argomento di conversazione, silenziosa preghiera, quiz pretelevisivo.

Senza un allettante valore di mercato, destinati a persone dei ceti più umili o a extracomunitari d’antan, ancora oggi i guajian vivono in una raffinatissima e veramente ‘exclusive’ zona d’ombra.

Sono sicuro però che collezioni, pubbliche e private, di guajian attendono solo di essere rese note e che in ciascuno delle centinaia di libri sui netsuke si trovano pagine, forse capitoli, dedicati senza saperlo ai loro precursori cinesi. Penso addirittura che in molte collezioni di netsuke si trovino in incognito, e magari anche un po’ snobbati perché naïf e non firmati, dei guajian.

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Il  suono d’acqua

Perciò ai lettori di “Quaderni Asiatici” devo una confessione e chiedo un favore.

La confessione: ho cercato di suscitare interesse, creare curiosità, provocare reazioni, rischiando serenamente – se serve – di attirarmi critiche feroci. L’importante è aprire il discorso, iniziare un dialogo. Il favore: ricevere da tutti voi notizie più documentate e giudizi più profondi sul tema affascinante dei “parenti poveri” degli straordinari netsuke: i “Guajian” cinesi, e forse mongoli, tibetani. E magari anche occidentali ed europei ed italiani, perché no ? visto che la scarsella medievale, la saccoccia, l’elemosiniera – detta anche “alla Saracina” perché di provenienza orientale e introdotta in Europa dopo le Crociate – dovevano pure avere un fermo alla cintura.

Per ottenere l’attenzione ho gettato un sasso nello stagno. Ho creato un suono d’acqua: il “Mizu no oto” del mio titolo e dell’haiku di Basho. Adesso spero in un eco. Un altro suono d’acqua. Fosse pure uno sciacquone.

 

Franco Bellino

 

 

 

 

 

 

9 Responses to “Guajian : il Netsuke nasce in Cina.”

  1. Post Scriptum
    Questo testo è una rielaborazione e un aggiornamento dell’articolo – molto più completo quanto a bibliografia e sitografia,
    arricchito da interventi dei maggiori esperti mondiali – che si può leggere risalendo alle “older entries” del 2010 su
    http://www.francobellino.com,
    sia in italiano, col titolo “Mizu no oto” che in inglese, col titolo “Chui-tzu or Guajian, Chinese Toggles. The Newest Frontier for netsuke collectors”.

  2. Non posso dedicare uno studio ai ‘guajian’ cinesi senza confessare il mio debito verso Daniel Tretiak, che chiamo modestamente “my Great Master and only Guru”. Daniel propone da anni in Rete la sua “Tretiak Collection”. Vivendo a Pechino ed essendo noto da decenni, Daniel riesce a reperire con frequenza impensabile altrove nel mondo straordinari esempi di antichi ‘guajian’ scelti con cura maniacale e splendidamente fotografati. Una visita al suo sito è spesso
    una dolorosa fitta al portafoglio, ma una grande gioia per gli occhi.

  3. I can’t devote a piece to Chinese guajians without confessing my deep debt to Daniel Tretiak, whom I call with some understatement,
    “my Great Master and only Guru”. For many years Daniel has offered his “Tretiak Collection” on the Web. Living in Bejing
    and being famous world-wide for decades, Daniel manages to find, with a frequency inconceivable elsewhere on the planet,
    truly extraordinary antique guajians which he chooses with maniacal rigour and then exhibits them beautifully.
    A visit to his web site is always painful for one’s wallet, but mainly a great joy for one’s eyes.

  4. Stefano P. says:

    Carissimo Franco,
    mi piace molto questa nuova versione della tua dichiarazione d’amore per i ‘guajian’ o toggles cinesi.
    Da apprendista psichiatra sento però la mancanza del folgorante incipit del tuo precedente intervento.
    Se tu non te la senti di riproporlo, lo farò abusivamente io qui di seguito.
    E come diceva quel saggio cinese che si esprimeva in francese arcaico : Honi soit qui mal y pense.

    Senza stare ad approfondire chi sia nato prima – l’uovo o la gallina – parlerò dell’uovo.
    La gallina è tronfia, petulante, eccessiva.
    L’uovo è umile, immediato, perfetto. Anche se fatto col culo.
    …………..
    Ho sempre pensato che ci fosse una vena di sana follia nel mondo dei Netsuke.
    Probabilmente un po’ matti (simpaticamente paranoici) gli artigiani-artisti che li ideavano, intagliavano e firmavano (non sempre con il proprio nome). Probabilmente un po’ matti (decisamente feticisti) gli uomini che li commissionavano, si svenavano per acquistarli e poi orgogliosamente li esibivano. Probabilmente soavemente folli gli appassionati che oggi, in un mondo di volgarità, stupidaggine e violenza, studiano collezionano accarezzano
    questi universi in miniatura, microsintesi di un’intera civiltà, squarci di profonda saggezza ed istanti di assoluto, non necessariamente casto, piacere.

  5. Franco Bellino says:

    Il 6 giugno 2103 alle 4.30 pm, nel corso degli Art Connoisseurs Talks, organizzati per Asian Art in Brussels e Institut Belge des Hautes Etudes Chinoises,
    Max Rutherston parlerà su questo sorprendente tema : “Come l’odio diventò amore ? .. l’impatto potente dei netsuke”.
    Non potrò ascoltare Max a Bruxelles, ma riporto qui volentieri le poche righe che annunciano in Rete il suo intervento.
    Le riporto perché trovo bizzarro e interessante scoprire come uno dei più grandi esperti mondiali di netsuke, sia arrivato a questa sua passione.
    Non è stato un colpo di fulmine, anzi : ci è arrivato partendo da una iniziale “antipatia” (“odio” mi pare eccessivo).
    Un’antipatia molto simile a quella che ho cercato di motivare scherzosamente qui sopra contrapponendo ai netsuke giapponesi
    “Nove ragioni per un amore irragionevole” : nove ragioni per amare piuttosto gli antenati cinesi dei netsuke, i miei adorati “Guajian”

    “How hate turned to love? … the powerful impact of netsuke.”
    by Max Rutherston

    The point of the ironic title of this lecture is that Rutherston himself was distinctly suspicious of what he perceived as fiddly little carvings in rather bad taste
    and of little aesthetic merit. He spent most of his ten years in Japanese art at Sotheby’s avoiding netsuke, and it was only when he moved to Sydney Moss,
    and had to deal with them on a daily basis, that he began to appreciate their true merit and interest.
    Accordingly the lecture makes the assumption that many potential members of the audience may share his former scepticism about the quality of netsuke. What he hopes to demonstrate is that while there are large numbers of entirely uninteresting netsuke around, once one begins to scratch the surface,
    a wealth of treasures is revealed beneath in the form of carvings of great skill and beauty, with subjects that range from the humorous, through the macabre and the imaginative to works that are triumphs of naturalist observation and others that even have a spiritual dimension.

    Max Rutherston is a polyglot dealer in Japanese art. In 1992 he was invited by Sotheby’s to get involved in Japanese art, which he was pleased to do
    once he had spent a year studying the Japanese language. He worked in the Japanese Department of Sotheby’s London for10 years,
    the last 5 as head of department, before being persuaded to go and manage the Japanese side of London’s oldest surviving Asian art dealer,
    Sydney L. Moss Ltd. In 2002 he formed his present partnership of Rutherston & Bandini Ltd.
    For the last 11 years he has specialised in netsuke above all else.

    Max è passato dall’antipatia alla passione per i netsuke.
    Io alla passione non per i netsuke, ma per i guajian ci sono già arrivato.
    Non credo di avere né il tempo né la voglia di muovermi : sto tanto bene così ☺

  6. Franco Bellino says:

    Mi scrive una carissima amica da parte della più brava e più dolce insegnante di lingua cinese che io abbia mai conosciuto :

    Elvira ha letto il tuo articolo, mi ha detto dirti che le è piaciuto moltissimo, non conosceva i guajian ed è molto felice
    di aver imparato qualcosa da un suo alunno. Ti segnala anche che non può essere “un oca”, ma è “un’anitra”.
    Forse traducendo “goose” ti è saltato fuori oca, ma in Cina l’oca non ha alcun significato. Ciao Franco. Vanna

    E’ vero,é vero, è vero. Non discuto la traduzione.
    Però tra poche ore si corre il Palio. Ci saranno in Piazza ‘loro’, la Torre, e ci saremo noi.
    Perciò la risposta, il grido può essere uno solo : “E’ Oca ! E’ OCA ! E’ OCAAAAA !!!!!”.

  7. Ugo C. says:

    Caro Franco,
    grazie al tuo saggio ho scoperto che ho dedicato inutilmente buona parte della mia vita
    a cose assolutamente frivole come la famiglia, i figli, i nipoti e in sottordine al lavoro !!
    Oggi mi rendo conto che sarei stato molto più felice ed appagato se avessi scoperto in anticipo gli straordinari guajian cinesi,
    ma prendo in questo momento un impegno solenne, senza se e senza ma,
    che d’ora in avanti non avrò altro obiettivo se non collezionare, diffondere e far conoscere
    questi meravigliosi oggetti del desiderio da cui non intendo mai più allontanarmi.

    Grazie per l’ILLUMINAZIONE!!

    Con riconoscenza

    Uguaijan

  8. Franco Bellino says:

    Carissimo, grazie per la geniale intuizione e verissima illuminazione
    che ti hanno portato a fondere il tuo secondo nome, Ugo
    (essendo il tuo primo nome “Fusto Maciste”, come ben sappiamo purtroppo ormai soltanto noi due)
    in un veramente ‘illuminato’ neologismo : UGuajian.
    Non solo hai scoperto i guajian, ma li hai fatti parte di te.

    Del resto che questi misteriosi e sconosciutissimi oggetti
    davvero ci regalino saggezza e preveggenza,
    lo dimostra il commento che leggi proprio sopra il tuo.
    Mancavano ancora giorni al Palio del 2 luglio,
    eppure io già gridavo :” E’ Oca ! E’ OCA !!! E’ OCAAAAAAA !!!!”.

    Bene : questo è il grido che nasce dal cuore
    nel preciso istante in cui il cavallo della mia Contrada
    giunge primo al bandierino.
    Non prima, non dopo : in quel preciso e indimenticabile istante.
    Eppure io, ispirato dai guajian, già lo gridavo giorni e giorni prima
    che l’Oca vincesse il Palio sia pure per una questione di centimetri.
    Dimmi tu : non è questa davvero concreta e dimostrata e felicissima
    “illuminazione” ?

  9. Franco Bellino says:

    Delle 9 ragioni per un amore irragionevole dei guajian cinesi elencate qui sopra, la quarta dice :
    4. Un guajian è un prezioso rimedio di Pronto Soccorso. Il Cinese ha sempre saputo che il simbolo ha la stessa efficacia della cosa in sé.
    Il simbolo di una medicina guarisce quanto la medicina stessa. E non ha effetti collaterali.
    Molte piante e, per concentrazione, la loro radice che è sorgente ed origine dello spirito che abita in ogni pianta,
    hanno un ruolo fondamentale nella farmacopea dell’antica medicina cinese. Un guajian fatto di una radice medicinale
    in caso di emergenza si può rapidamente triturare, polverizzare, ridurre in cenere ed assumere in qualsiasi momento e in qualsiasi situazione.
    Poi arriverà il 118, ma intanto … “.

    Del tutto inattesa trovo oggi una conferma del fatto che sempre e dovunque gli alberi sono stati considerati preziosi rimedi per la nostra salute.
    Scopro la notizia su un prestigiosa pubblicazione scientifica, imprevedibile per molti seriosi studiosi e troppo spesso snobbata nelle bibliografie.
    La fonte è la “Settimana Enigmistica” n. 4210, anno 81, in data 1 dicembre 2012. Alla pagina 39 leggo :
    “Presso alcuni popoli slavi si credeva che vi fossero alberi con miracolose proprietà terapeutiche,
    per cui gli ammalati andavano a inginocchiarsi ai piedi di uno di essi e lo supplicavano di guarirli.
    Se ciò avveniva, il miracolato si considerava legato per tutta la vita a quell’albero e si sentiva in dovere di mantenerlo,
    portandogli periodicamente denaro e vestiti”.
    Come espressione della riconoscenza del malato risanato avrei pensato una cura fatta di innaffiature, concimazioni, potature, ecc.
    Magari persino la realizzazione di un ex-voto. Ma l’idea di portare al proprio “albero curante”
    denaro e soprattutto vestiti (ci sarà stato un guardaroba estivo ed uno invernale ?) è troppo simpatica.
    Potrebbe forse suggerirci un’idea per migliorare i rapporti con i nostri Medici delle ASL
    e indurci ad una maggiore frequentazione dei Giardini Pubblici delle nostre città.

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